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Amazen: dalla terra al digitale, passando per la comunità

Ho bisogno di conoscere la storia di un alimento, devo sapere da dove viene, devo immaginarmi le mani che lo hanno coltivato lavorato e cotto ciò che mangio.” (Carlo Petrini, fondatore di Slow Food)

Una citazione per descrivere la passione e la cura che si ha nel coltivare e produrre specialità derivanti dal territorio e la bellezza di poterli assaporare e gustare conoscendo la realtà che c’è dietro. Non è sempre facile però reperire velocemente e comodamente tali prodotti, così ci affidiamo spesso a grandi catene di distribuzione dimenticandoci della stagionalità e della biodiversità agroalimentare.

La soluzione? Amazen, lo shop che passa direttamente dal produttore al consumatore senza passaggi intermedi. Progetto nato dalle menti creative di theZENagency, l’e-commerce valorizza le specialità eno-gastronomiche del territorio lombardo. Ma Amazen non è solo questo.

La sua marcia in più? Essere il primo shop online etico e solidale. Grazie alla collaborazione con la Fondazione Comunitaria del Ticino Olona ogni persona che acquisterà sullo shop farà del bene alla comunità. Una parte del ricavato verrà donato alla Fondazione, sostenendo i progetti sociali promossi dall’ente filantropico.

L’evento di lancio del progetto Amazen si è tenuto lo scorso 20 aprile in contemporanea sui profili Facebook. Durante la diretta inoltre sono stati presentati i due bandi indetti dalla Fondazione a sostegno del Terzo settore: “Educazione conciliazione familiare” pensato per aiutare famiglie in difficoltà e chi soffre di disagi psicologici e “Sostegno alle fragilità” dedicato ad anziani, malati e disabili. Possono partecipare al bando enti privati senza scopo di lucro operanti nel territorio di competenza della fondazione, presentando la richiesta di contributo entro il 31 maggio 2021.

L’incontro è stato anche l’occasione per i produttori già presenti sull’e-commerce per farsi conoscere raccontando la loro storia e quella dei loro prodotti. Perché Amazen è un atto di consapevolezza e di responsabilità culturale: acquistando sullo shop, si sostengono le piccole realtà autonome e si preservano le specialità tipiche locali, arricchendo se stessi e il territorio in cui si vive.

Don’t Leave Me (S)alone.

Quest’anno eccezionalmente il Salone del Mobile, evento principe del design, non si terrà in primavera, ma è spostato (forse) a settembre. Noi però abbiamo voluto parlare ugualmente di Design durante la scorsa data di FDO – For Disruptors Only.

Intitolato “Don’t Leave Me (S)alone”, l’incontro ha ospitato molti invitati, riuniti attorno a 4 round table (virtuali).

Ma prima di addentrarci nel vivo degli argomenti trattati, proviamo a dare una definizione a ciò che è il Design. Riccardo Bovetti, nella sua “Introduction to Disruption”, ci ha provato:

Il susseguirsi di scoperte e invenzioni ha oggi lasciato il posto al Design, cioè la capacità di mettere insieme e reinventare in modo creativo e innovativo cose che sono già esistenti. È innovazione più che novità.

La caratteristica che ha un oggetto di design deve essere quella di funzionale, ma l’idea è quella di rendere possibile la funzionalità senza un eccesso di complicazione, ma con un eccesso di bellezza”.

Brand

Ad aprire l’evento sono stati Nazzareno Mengoni, Claudio Garosci e Davide Grosso parlando di Brand in ambito del Design.

Dietro ad ogni oggetto di design, c’è un brand e dietro ad ogni brand c’è una storia. E certamente il nostro Paese ha contribuito in modo sostanziale a fare la storia del design.

“Siamo riconosciuti nel mondo per il Made in Italy: è essere cresciuti nel mondo del bello e avere la capacità di mettere nei dettagli dei prodotti e nel raccontare come li facciamo il vero valore aggiunto delle nostre aziende. Questo è il valore che ci contraddistingue”. È questo ciò che sostiene Nazzareno Mengoni.

Ma ad oggi avere tale etichetta, il marchio di italianità, non basta più. Essere un brand affidabile e di qualità è un dato per scontato. Partendo da queste basi bisogna essere riconoscibili e distinguersi per altro: è necessario essere vicino al cliente, essere in grado di ascoltare i suoi desideri, personalizzare e customizzare su misura il prodotto.

Davide Grosso, sviluppando pezzi d’arredo unici in metallo, tessuto e legno fa esattamente questo e, a riguardo, dice: “Mi piace l’idea che quando un cliente viene qua sente che gli si cuce addosso un vestito, che poi è il vestito per la sua casa, che rappresenta la sua identità di arredo”.

In merito alla sua realtà “G|Lab Milano” ci tiene a sottolineare che l’attenzione e la cura verso il cliente sono tali da ricordare il rapporto che c’era tra bottega e artigiano di una volta.

Il pubblico, quindi, non sceglie il prodotto solo in base alla sua funzionalità, ma presta attenzione e sposa quello che c’è dietro: il purpose e l’identity del brand, i suoi valori, il suo credo. A proposito Claudio Garosci sostiene: “La questione è di carattere esistenziale: non compriamo prodotti ma identità, soddisfiamo esigenze di carattere esistenziale, quello che compriamo in una determinata azienda, compriamo l’azienda, è un tema identitario”.

Un esempio? Ikea. La multinazionale svedese dell’arredo non parla mai delle caratteristiche tecniche dei suoi prodotti né tanto meno della loro qualità, perché chi va a comprare da loro si rispecchia e si identifica nel loro “design democratico”, quel design che parla a tutti e adatto a tutti.

La bravura di un brand sta nell’ascoltare (il pubblico) e nel comunicare (al pubblico): ascoltare gli altri e comunicare se stesso. È la capacità di narrarsi, il raccontare la storia del brand e la sua identità che fa scattare il meccanismo d’acquisto.

Build-hers

Iconico e inusuale associare la figura femminile al settore dell’edilizia, ma durante il secondo round table si sono riunite proprio tre donne, tre costruttrici che lavorano nell’ambito dell’edilizia: Regina De Albertis, Violetta Breda e Silvia Ricci.

Siamo da sempre abituati a pensare che il mondo dell’edilizia (così come gli altri settori in cui si è necessario “sporcarsi le mani”) appartenga ai soli uomini, ma è arrivato il momento di superare questa convinzione, e le tre build-hers presenti ne sono la prova. Silvia Ricci, infatti, sostiene: “C’è l’idea che le donne non debbano stare nel mondo dell’edilizia. Nel futuro dovrà essere normale che le donne facciano parte di settori tecnologici, delle costruzioni, dell’ingegneria”.

Ad oggi certamente il gander gap rimane ancora elevato: pensare continuamente che le donne non siano adatte a svolgere determinati compiti inasprisce la loro inadeguatezza in questi settori. Lentamente però si sta andando verso un cambiamento. L’accettare il fatto che anche le donne possano entrare a far parte del mondo delle costruzioni, sicuramente porta ad un cambio di mentalità, dal quale a sua volta ne conseguirà innovazione e progresso.

Cambiare il tipo di approccio ad un business consolidato non è così immediato perchè non è facile capacitarsi che una nuova idea possa funzionare anche più di quella precedente.

Spesso le nuove idee nascono da una semplice intuizione e lasciarsi guidare da chi l’ha avuta è sinonimo di grande fiducia e apertura verso nuove strade. Questo è ciò che è accaduto alla creatrice di Architempore, Violetta Breda, l’influencer delle costruzioni.

Raccontare l’edilizia vuole cura e attenzione perché c’è di mezzo la sicurezza dell’ambiente di lavoro, che viene al primo posto” racconta. Essere influencer nell’ambito dell’edilizia può essere la chiave di volta tra il costruttore e il cliente perché come sostiene lei stessa: “L’influencer marketing è la svolta per le aziende, crea un legame emozionale perché le persone sanno chi c’è dall’altra parte”.

Inoltre, gli avvenimenti che siamo stati costretti a vivere nell’ultimo periodo, hanno portato a vedere la propria abitazione in modo diverso: se prima alcuni vedevano la casa soltanto come un posto in cui passare poco tempo tra un impegno e l’altro, ora moltissimi la considerano un punto sicuro.

Le parole di Regina de Albertis sono state: “Ci sarà l’esigenza di volere la casa in cui passare la maggior parte del tempo e luogo in cui ci saranno più funzioni. Non solo come casa dormitorio ma in cui una persona possa fare tutto e in cui abbia tutti i servizi a portata di mano. Il tempo sarà la componente fondamentale”.

Anche per questo, perciò, diventa fondamentale un ruolo come quello dell’influencer, una figura di cui ci si possa fidare e dalla quale si possano apprendere utili consigli, per poter rendere il più comfort possibile uno spazio così importante come quello della propria abitazione.

Retailers

In un momento storico in cui gran parte dei consumatori si affida a grandi aziende che producono pezzi standardizzati, per i retailers al dettaglio può non essere facile sopravvivere ed affermarsi sul mercato. L’idea di Rosanna Tozzo, Pierpaolo Schiatti e Sean Livraghi è stata quella di abbattere le frontiere che spesso dividono le PMI, non considerarsi competitors, ma unirsi per costruire un unico gruppo. Da qui è nato “Milano Good Design”, la più grande rete di arredamento d’Italia.

Pierpaolo Schiatti in merito afferma: “Fare sistema e fare gruppo può portare a creare una rete e a raggiungere segmenti che altrimenti non si sarebbero raggiunti, è importante collaborare con gli altri e non vederlo solo come competitor, sta qui la forza”.

Ma una volta capito che la forza sta proprio nell’unirsi e fare gruppo, come farsi scegliere dal consumatore finale?

Innanzitutto è fondamentale avere delle basi di marketing, studiare e conoscere il target al quale ci si rivolge. In questo modo si riesce a comprendere il consumatore finale e a seguirlo durante tutti i passaggi, dalla progettazione alla messa a punto dei particolari. Avere un occhio di riguardo verso il cliente, ascoltare i suoi bisogni e le sue esigenze è ciò che caratterizza i retailers e ciò che la grande distribuzione non fa.

“Ci siamo dedicati all’esserti vicino e farti capire come sarà il risultato finale. Cerchiamo di fare il progetto il più vicino possibile alla visione della tua casa ideale” sono le parole di Rosanna Tozzo.

In questo senso la digitalizzazione ha facilitato e velocizzato i processi anche nel mondo del retail, riuscendo così ad avere un’idea complessiva del risultato finale ancora prima di materializzarlo. Per alcune fasi, però, l’incontro fisico tra progettista e cliente non può passare in secondo piano: “Per quanto riguarda la fase progettuale la tecnologia ha aiutato tantissimo” sostiene Sean Livraghi “ma il problema è quando gli oggetti vanno visti, toccati, scelta la sfumatura di colore e l’abbinamento cromatico. Qui è fondamentale l’incontro fisico tra cliente e progettista”.

Designers

L’ultimo dei quattro round table è incentrato sulla figura dei designers: ospiti sono stati Salvatore Ponzo, di Foro Studio e Sara Peluso e Martina Caiazzo di Monomio.

Parlando di design è quasi obbligatorio citare il Salone del Mobile e il Fuorisalone, eventi in cui era fondamentale essere presenti non soltanto per vedere dal vivo la mostra, ma soprattutto per poter interagire con le istallazioni e con gli oggetti di design.

In un periodo in cui ogni evento di questo genere è rinviato a data da destinarsi, l’unica soluzione possibile sembra essere quella di andare verso una direzione ibrida, in cui l’ambiente fisico e quello digitale si uniscono e si fondono.

Il problema è avere persone che si aggregano in spazi chiusi, bisogna non eliminare completamente gli spazi fisici ma lavorare nel mondo del “phygital”, lavorare in una realtà con una presenza fisica con numeri ristretti e spazi all’aperto. Far in modo che i brand possano esporre una quantità limitata di prodotti dove è possibile interagire” questo è ciò che dice il nostro ospite Salvatore Ponzo.

Ne deriva quindi il fatto che il futuro degli eventi di questo genere sarà destinato soltanto ad una parte esigua di spettatori: sarà necessario selezionare il pubblico presente (e selezionare quello giusto). Si creeranno così degli eventi esclusivi in cui partecipare sarò considerato il nuovo lusso.

Nonostante nell’ultimo periodo si siano fatti enormi passi in avanti, il digitale nasconde un’ambiguità di fondo: da una parte tutti vogliono essere presenti online e comunicare i loro progetti e le loro idee e dall’altra si ha ancora molta diffidenza verso ciò che è intangibile.

Da qui, perciò, la figura dell’influencer è fondamentale: affidarsi a qualcuno che ha un grande seguito è la chiave per farsi conoscere. Ma “se l’influencer è l’unico modo per comunicare il prodotto” dicono Sara e Martina “bisogna capire a chi affiancarsi, chi realmente può essere ambassador”.

Una ragazza accarezza il grano in un campo

Arriva Amazen, l’e-commerce a sfondo solidale

Il progetto è ideato e promosso da theZENagency e si pone come obiettivo la valorizzazione di prodotti e servizi offerti da diverse realtà del territorio e il sostegno alla Fondazione Comunitaria del Ticino Olona, un ente filantropico impegnato a sostenere progetti sociali, culturali e ambientali attivi sul territorio.

AMAZEN è uno shop online di prodotti enogastronomici che valorizza le migliori realtà del territorio lombardo. Mettendo in contatto le aziende agricole e le realtà produttive direttamente con gli acquirenti finali, permette ai consumatori di acquistare prodotti locali e ritirarli a due passi da casa.

Peculiarità del progetto AMAZEN è inoltre la sua valenza etica e solidale: parte della somma ricavata dalle vendite dei prodotti sarà devoluta a supporto delle iniziative sociali di Fondazione Ticino Olona.

Due contadini controllano le loro piante in un campo



Far parte di AMAZEN non comporta nessun costo per le aziende produttrici che decidono di aderire al progetto. All’interno dello shop sono presenti vari tipi di eccellenze enogastronomiche: vino, birra, pasta, confetture e miele, tutti prodotti da alcune realtà locali.

L’offerta presto riguarderà ulteriori produttori e specialità lombarde, oltre che comprendere anche servizi utili per la comunità.

L’e-commerce AMAZEN è già attivo e lo si può trovare all’indirizzo “amazen.shop”.

Acquistare è facile, un ordine si conclude in pochi click, dalla scelta, al carrello, al pagamento.

GianMaria Paganini, CEO & Founder di theZENagency, riguardo al progetto AMAZEN dichiara: “Siamo felici di dare il via a questo nuovo progetto e siamo orgogliosi di poter dare visibilità e valorizzare le piccole aziende locali e al contempo sostenere le iniziative solidali della Fondazione. Sono convinto che presto il progetto potrà espandersi e inglobare altre realtà produttive e di servizi del nostro territorio”.

Fondazione Ticino Olona, destinataria di parte del ricavato delle vendite di AMAZEN, è una delle Fondazioni di Comunità costituite dalla Fondazione Cariplo con lo scopo di promuovere la filantropia e stimolare lo sviluppo civile dei territori della Lombardia e di due province piemontesi, Novara e Verbano-Cusio-Ossola. Attraverso l’attività di raccolta di donazioni, la Fondazione promuove progetti di valore rivolti soprattutto alle categorie più fragili come anziani, persone con disabilità e bambini.

Salvatore Forte, Presidente della Fondazione, in merito all’iniziativa sostiene: “Sono molto felice che la collaborazione che stiamo avendo con theZENagency abbia portato a dare vita a una attività che punta a valorizzare il territorio e le sue risorse materiali e umane. È quello che, in altro modo, facciamo anche noi e le donazioni di The Zen ci aiuteranno a migliorare il circolo virtuoso che sempre cerchiamo di mettere in atto per un utilizzo ottimale delle risorse. Grazie per l’iniziativa e per l’idea solidale che promuove”.

Il progetto AMAZEN sarà lanciato con un evento in LIVE Streaming il 20 aprile a partire dalle 18.00.

Sarà occasione anche per presentare due nuovi bandi della Fondazione Ticino Olona.

Per ulteriori informazioni o approfondimenti: ufficiostampa@thezen.agency

Esempi di pane ottenuto da farine diverse

Sì, la farina si può vendere anche online

Il caso concreto che portiamo dalla nostra esperienza è quello di un’azienda che produce farine con lo storico brand ‘Molino Colombo’.

Perché vendere farine online quando la gente le può trovare comodamente nei supermercati?

Perché nei punti vendita ci sono molti prodotti simili tra loro, anche dei concorrenti; c’è uno spazio limitato per l’offerta e mancano prodotti di eccellenza, con uno standard più elevato di quelli presenti in GDO.

Online si possono invece offrire prodotti particolari, diversamente assortiti, oppure in edizione speciale, per i più appassionati di uno dei prodotti più usati e amati della nostra cucina.

L’interesse e la competenza sul tema ‘farine’ della community di Molino Colombo sono sicuramente sopra la media, un punto a favore quindi del canale online, che può così soddisfare le richieste di chi vuole andare oltre la classica farina doppio zero.

Un maestro panettiere al lavoro con la farina

Con l’apertura dell’e-commerce, Molino Colombo ha potuto inoltre migliorare il servizio offerto ai propri clienti, forte di una strategia di comunicazione che ha contribuito a promuovere l’identità del brand e rafforzare la relazione con iscritti e affezionati ai canali di comunicazione dell’azienda stessa, attraverso nuove iniziative, contenuti e collaborazioni esclusive.

Nello shop online, prima del Covid gli acquisti si erano stabilizzati, poi lo scenario è cambiato completamente. La quarantena ha fatto salire alle stelle il numero di richieste di beni primari, come il cibo, e quindi la farina.

Molino Colombo, a differenza di molte altre aziende, era già pronto, aveva già l’e-commerce attivo e il lavoro di comunicazione ha fatto il resto quando la gente, chiusa in casa per il lockdown, cercava quello di cui aveva bisogno su Google.

Nei mesi di marzo e aprile 2020 gli ordini totali sono aumentati in maniera esponenziale, con diversi iscritti al negozio online che si sono anche aggiunti alla mailing-list per l’invio della newsletter.

Solo una contingenza? Nessuno poteva prevedere una pandemia, ma ora sappiamo che cose del genere possono succedere e possiamo aiutare le aziende a reagire di conseguenza.

Molino Colombo ha avuto il merito di credere che una strategia di comunicazione costruita su misura potesse essere il plus per vendere farine anche online e continuerà a percorrere questo canale di business che, dopo la pandemia, si è già stabilizzato su un numero di ordini molto maggiore rispetto al periodo pre Covid.

Cosa abbiamo imparato dal caso di Molino Colombo:

  • L’importanza della programmazione e della strategia
  • L’ascolto: la community di appassionati delle ricette fatte in casa ha dato l’impulso per aprire la nuova “casa online”
  • Anche quando gli affari vanno bene, pensare a nuove opportunità di sviluppo è consigliabile

L’e-commerce di Molino Colombo ha avuto un boom durante la quarantena, ma questo risultato sarebbe stato molto diverso se l’azienda non avesse saputo programmare con lungimiranza l’apertura di un proprio negozio on line.