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_ Come vivere in pace e in armonia con un copywriter

Poche e semplici regole da seguire in agenzia, più un bonus

Il copywriter è una brutta bestia, me lo dico da sola.

Solitamente introverso ai limiti della misantropia — o estroverso in pieno spirito Milano-da-bere, ma son rari — il copywriter vive nella convinzione di essere un genio incompreso e condivide questa certezza con l’art director, con il quale mette in piedi una relazione fatta alternativamente di litigate e pacche sulle spalle accompagnate da frasi tipo “Sei meglio tu” “No, ma che dici, tu sei più creativo”.

Le altre figure d’agenzia si tengono opportunamente alla larga da questa coppia, e fanno bene. Ti consiglio di fare altrettanto, ma lascio qui sotto qualche consiglio per tenerti buono “il copy” per quella volta che ti servirà il payoff per una bevanda energizzante o un biglietto per la tua migliore amica che si sposa.

Regola 1 – Un testo al volo

Ci sono poche cose che fanno saltare i nervi al copy più della frase “Fammi un testo al volo”.

Un testo non si fa al volo: per il copywriter le parole vanno scelte, accarezzate, messe una accanto all’altra per vedere se stanno bene assieme. Sì, anche quando bisogna rispondere a un commento su Facebook o quando bisogna scrivere il microcopy di un pop up. Testo corto non significa testo facile.

Prova con la formula “Mi servirebbe un testo breve ed efficace, puoi aiutarmi?”. Il copy verrà toccato nel suo punto più debole, la vanità, e non potrà dirti di no (se sei il capo non può dirti di no in ogni caso, ma comunque).

Regola 2 – Via dai luoghi comuni

Questa regola non è utile solo ad evitare conflitti con il copy, ma serve ad analizzare con occhio critico i testi di un cliente o di un competitor.

La regola dice: un luogo comune è un luogo abusato e va evitato.

Questo significa che no, non possiamo scrivere che il cliente X è leader del settore (quale settore? Quale leader? Possibile che le aziende dello stesso settore siano tutte leader?) e nemmeno che i servizi che il cliente Y fornisce sono a 360° (cos’è, un goniometro?).

Non lo possiamo scrivere e nemmeno lo vogliamo scrivere perché i luoghi comuni sono deprimenti, vuoti e non raccontano davvero ciò che il cliente fa e ciò in cui crede.

Non solo: se proponiamo al cliente la classica About page di leader del settore a 360°, il tempo di permanenza sulla pagina degli utenti sarà bassissimo e non saremo riusciti a farci notare dal lettore.

Qui c’è un elenco di espressioni che un copywriter nel 2020 non può più usare. Se lo fa, spezzagli le matite (le dita non si può).

  • L’evento si è tenuto nella splendida cornice — A parte che “si è tenuto” si usava nei giornali locali degli anni Novanta (lo so perché ci ho lavorato e già allora pareva abusato), ma concentriamoci sulla splendida cornice. Se il testo è scritto per esaltare la location, lo fa male perché la relega al semplice ruolo di cornice; se il testo è scritto invece per parlare dell’evento, non serve usare espressioni vuote e ritrite per allungarlo. Tagliare.
  • Fin dalla più tenera età— Indica l’età precisa, non stare sul vago.
  • Esperienza ventennale/trentennale/pluriennale — Da quanti anni fai questo lavoro non mi è di nessun aiuto anche perché potresti lavorare male “da tre generazioni”, altra espressione da evitare.
  • Il nostro team è professionale e competente — Ma dai? Pensavo assumessi gente a caso.
  • Seguiamo il cliente in ogni fase del progetto — E ci mancherebbe pure.
  • Le nostre tecnologie sono di ultima generazione — Se lo sono davvero, spiegati meglio. Se non lo sono, lascia perdere ed evita una brutta figura.
  • Siamo un’azienda giovane e dinamica — Certo, è proprio così che parlano i giovani, infatti.
  • Connubio tra tradizione e innovazione — IL MALE ASSOLUTO.

Regola 3 – La. Punteggiatura.

Che i refusi o gli errori ortografici facciano andare in bestia i copywriter, si sa. Una certa indulgenza serve sempre, però: un rfuso capita a tutti 🙂

Se c’è una cosa che invece un copy non riesce a perdonare è l’abuso di punteggiatura.

I puntini di sospensione sono sempre e solo tre, possono essere usati al massimo una volta in un testo mediamente lungo quindi non spargerli come manciate di semi ai piccioni di piazza San Marco. I punti esclamativi e interrogativi vanno usati uno alla volta e mai assieme (unica eccezione possibile ammessa: “Ma veramente sono finiti i Twix nelle macchinette?!” perché il dolore é dolore e va enfatizzato).

Mai terminare le frasi con due o tre punti esclamativi di seguito, innanzitutto perché l’entusiasmo è fastidioso e poi perché non si fa, è scorretto e basta. Mi spingo oltre: meglio usare poco anche i punti esclamativi singoli, fanno effetto televendita di basso livello.

Ah, ti presento anche il punto e virgola ; può essere usato, non morde.

Bonus

Infine, per tutti. Se dovete parlare con noi, non fateci una call: fateci una telefonata 🙂

Camilla Garavaglia

Camilla Garavaglia

Copywriter, archeologa, giornalista, antropologa, sommelier. Fare tante cose e farle bene è difficile, quindi mi sa che le faccio tutte così-così :)