In questo periodo di emergenza, una cosa in particolare è stata molto evidente, e accomuna tutte le dinamiche che si sono susseguite: la comunicazione non ha funzionato.
A chiunque abbia bisogno di ottenere consenso e gradimento, se qualcosa non funziona e va storto, la scusa più semplice sembra sempre questa:
“C’è stato un problema di comunicazione” oppure “Io sono stato chiaro, siete voi che non avete capito”.
Sono solo scuse.
Quando si comunica, i fattori che possono incidere sulla buona riuscita o no sono 4: il contenuto, la forma, la relazione e il pubblico.
Il problema della comunicazione dipende molto dal contenuto dei messaggi, dalla forma in cui i messaggi sono espressi, dalla relazione tra chi comunica e il suo pubblico e dal fatto che il pubblico sia effettivamente raggiunto dal messaggio trasmesso.
Oggi sembra che lo scopo della comunicazione sia il fatto stesso di comunicare, cercando di presidiare la più vasta area possibile del dibattito e dell’immaginario collettivo. Ma senza uno straccio di contenuto consistente la comunicazione evapora.
Chi parla o scrive per un pubblico, dovrebbe tenere sempre presente l’efficacia del suo messaggio dipenderà anche dalla scelta delle parole, dal modo in cui saranno combinate, e non solo dagli argomenti.
“Efficace” significa prima di tutto facile da decodificare. Per farsi ascoltare bisogna in primo luogo farsi capire: è la singola, semplice regola che alcuni dei “grandi comunicatori” dei tempi recenti hanno interiorizzato. È una regola che fa la differenza.
È proprio il modo in cui diciamo le cose a indicare il “come” consideriamo i nostri interlocutori, e a decidere il tipo di relazione che, comunicando, stabiliamo con loro. Si può essere assertivi, competenti, pacati, risoluti, incisivi, aggressive. Questa è la parte più sfuggente, più sottovalutata e più importante del processo di comunicazione.
Forma e contenuto dei discorsi vanno calibrati sui diversi pubblici: l’istinto aiuta, ma ormai non basta più. Ci vogliono dati e ricerche, sia per individuare forme e contenuti convincenti, sia per selezionare i canali più convenienti per veicolare quei contenuti, in quelle forme, a quei pubblici. Altrimenti, sappiamo già cosa succede: c’è un problema di comunicazione.
Video ‘Milano non si ferma’: viene diffuso poco prima della quarantena. L’invito ai cittadini è quello di non chiudersi, a continuare a frequentare i locali della città e a fare aperitivi. Direi… Messaggio sbagliatissimo. Infatti il sindaco di Milano, che aveva voluto quel video, ha dovuto fare mea culpa.
Ve la ricordate la comunicazione del governo in cui veniva annunciato l’inizio del lockdown, disabato sera tardi? Ha causato l’isteria totale, le persone hanno preso d’assalto supermercati e treni per scappare dalle zone rosse portando chissà quanti contagiati in giro per il paese.
Inps e bonus Cura Italia: appena emesso il decreto, sul sito del INPS si poteva leggere una cosa che diceve più o meno così: “Siamo perfettamente in grado di far fronte a tutte le domande che arriveranno”. Sappiamo tutti com’è andata a finire e cos’è successo al loro sito web. Ovviamente nessuna scusa e nessun problema di comunicazione, per loro è stato solo un disservizio….
Ci sono contenuti falsi e sbagliati che riescono a essere comunicati benissimo, per esempio perché somigliano a quello che il pubblico vuole sentirsi dire.
Qualche volta, invece, la comunicazione non c’entra un fico secco. E il problema sta altrove, perché a non funzionare sono le idee e le azioni conseguenti.
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