For Disruptors Only torna per fare il punto su cosa ne sarà di tutti noi dopo il lockdown.
Cosa ne sarà del marketing? Cosa ne sarà dei vecchi modelli di business? Svaniranno o troveranno il coraggio di cambiare? E soprattutto, cosa ne sarà di noi? Abbiamo parlato, infatti, anche di persone.
Dalla sede di WeWork in via San Marco, a Milano, abbiamo parlato di Disruption da punti di vista diversi, nello stile di ‘For Disruptors Only”.
Il gioco può essere considerato, e usato, come forma di disruption? Grande appassionato di matematica, Riccardo Bovetti (Partner, EY) è partito dalla teoria dei giochi di Arrow e Sen, un importante esempio di matematica applicata che studia e analizza le decisioni individuali di un soggetto in situazioni di conflitto con altri soggetti rivali.
Il gioco inizia ad avvicinarsi al mondo del digitale nel 1978, quando nascono i digital games. Da quel momento c’è stata un’evoluzione nelle console, con l’aumento del numero dei titoli disponibili sono aumentate anche le opzioni di gioco possibili. Di fatto, i giochi elettronici sono dei precursori dell’intelligenza artificiale.
I digital games hanno caratterizzato la nuova solitaria postura dell’uomo, abbiamo iniziato a giocare contro noi stessi e contro il computer.
Prima, il momento del gioco digitale era “staccato” dalla vita reale, distacco che però è diventato sempre più sfumato quando le tecnologie si evolvono fino ad arrivare a quelle che conosciamo oggi.
Bovetti associa il portare il gioco all’interno della vita quotidiana alla trans diegetica, ossia il portare all’interno del contesto narrativo degli elementi che sarebbero destinati a stare fuori.
“La tecnologia digitale abilita una trans diegesi pervasiva in quello che facciamo ogni giorno, ha la capacità di portare all’interno dello spazio digitale informazioni che esistevano ma che non erano destinate a quel contesto”.
Un esempio di questo processo sono le prestazioni atletiche rilevate dalle app degli smartphone.
Il gioco viene applicato al marketing con la Gamification, elementi e tecniche di gioco (come la competizione con gli altri e la score keeping) usate in situazioni ludiche. La finalità è quella di influenzare il comportamento dei consumatori, dei dipendenti di un’azienda, o altri gruppi di persone che partecipano al ‘gioco’, per promuovere un comportamento, motivando e ricompensando le azioni in linea con un determinato obiettivo.
Chiara Bacilieri studia tecniche psicologiche per spingere il consumatore a prendere una decisione, tecniche nudging.
Un esempio di nudging (“spinta gentile”) è il posizionamento: uno studio ha evidenziato come un ristorante che voleva vendere più insalata, mettendo i piatti di insalata nella parte sinistra del menu otteneva una risultato di vendita del 58%, mentre mettendola sulla parte destra arrivava solo al 29%.
In Messico, per spingere la gente ad acquistare frutta e verdura, è stato modificato il carrello della spesa mettendoci all’interno un cartello con scritto “frutta e verdura qua”, creando uno spazio apposito per frutta e verdura. Questo ha fatto crescere la vendita del 102%.
È dimostrato, quindi, che queste tecniche servono per spingere le persone a prendere decisioni che il venditore vuole far prendere, ma, come in questi casi, portano anche benefici per il cliente finale (tecniche ‘good nudge’).
Esistono anche tecniche ‘bad nudge’, come il puntare sull’acquisto di impulso nel momento in cui le persone sono distratte e abbassano le difese.
“Quando si trovano in cassa ad attendere il proprio turno, quello è il luogo dell’attesa, in cui le persone acquistano impulsivamente e dove si possono applicare le bad nudge” ha spiegato Chiara.
Ora, però, le vendite dei prodotti alle casse sono calate, perché? Per ingannare l’attesa alle casse le persone utilizzano lo smartphone.
“Abbiamo avuto un boom di digital commerce. Però il digitale e la pandemia da Covid-19 non aiutano all’acquisto di impulso, che rappresenta il 70% degli acquisti e il piacere di fare shopping. L’acquisto online, invece, rappresenta solo gli acquisti di utilità”.
Con la digitalizzazione, e il cambiamento che ha portato, le tecniche di marketing che fanno leva sull’acquisto di impulso non saranno più efficaci. Stiamo quindi vivendo un momento di rottura, il consumatore sta cambiando e le aziende devono trovare altre tecniche di marketing, non possono più puntare sui nudge.
Le tecniche di marketing dovranno essere legate più a una reale offerta, quindi è necessario sofisticare l’e-commerce? Il commercio elettronico non è in grado di stimolare l’acquisto di impulso, dovrebbe cercare di colmare questo gap di esperienza emozionale.
Il gap tra shopping fisico e digitale è composto proprio dall’esperienza e dall’empatia.
L’e-commerce è caratterizzato da efficienza, raggiunge un maggior numero di persone ma ha una minor efficacia comunicativa.
Quello che fa Chiara con la sua azienda Neosperience è proprio quello di colmare questo gap, attraverso l’incontro tra tecnologia e psicologia legata al marketing. Lo scopo è personalizzare l’esperienza con dati sulla psicologia, avvicinandola alle capacità tecnologiche.
Sebastiano Zanolli ha lavorato in aziende come Diesel, Adidas, 55DSL, OTB, dove si occupava di motivazione personale e per il personale, marketing e vendite. Oggi fa lo scrittore che si concentra sugli individui.
Ha parlato di cambiamento e di come sia semplice, di come basti cambiare il ruolo, da cocchiere si diventa tassista. Ma se sei un cavallo, dopo il cambiamento non servi più. Le persone o rimangono rilevanti o diventano inutili, perché piano piano il mondo cambia e l’individuo deve cambiare con esso.
Esempio di cambiamento: passaggio da codice a barre al QR code. Con il codice a barre, quando non va il laser, l’individuo può digitare il codice; con il QR code, le persone sono irrilevanti, possono leggerlo solo scansionandolo con un device.
Sebastiano ha sottolineato il concetto di ‘tecnologia delle idee’, quello in cui bisogna concentrarsi sulle soluzioni, soprattutto se vogliamo parlare di cambiamento, resistenza e sopravvivenza.
“Se pensi che la tua povertà sia volere di Dio, allora preghi. Se pensi che la tua povertà sia il risultato della tua inadeguatezza, ti ritiri nella disperazione. E se pensi che la povertà sia frutto dell’oppressione e del dominio altrui, allora fai una rivolta”.
Il peso di un rischio non dipende dalle probabilità che un evento si verifichi, ma dalle conseguenze sui nostri progetti e sulle nostre vite. I rischi non si contano ma si pesano, dobbiamo pensare a che rischi corriamo e che peso hanno sulla nostra vita.
La vita reale è diversa dalla teoria e dal regno della pubblicità, dove tutto ciò che non è bello viene tolto. Le pubblicità mostrano spesso cose non veritiere e che non rappresentano la realtà, ma sono proprio queste fantasie a far leva sul consumatore e sul suo desiderio di acquisto.
Sebastiano ha spiegato come l’individuo dovrebbe ragionare e non abboccare a tutto.
Il cambiamento per lui sarebbe portare a casa progetti senza essere disonesti.
“La pubblicità? È come portare un bimbo in un posto pieno di caramelle dicendogli di non mangiarle. Sai che le mangerà, quindi stai vincendo facilmente, così come quando usi le tecniche nudge. Sarebbe giusto portare un adulto in questo posto, una persona consapevole che non si fa incantare dalla prima pubblicità che passa. L’individuo quindi deve essere consapevole dell’esistenza di queste tecniche”.
“Non sono le informazioni che ci mancano, sono le storie che raccontiamo (e alle quali crediamo) che sono deboli”.
“Avere alternative è sinonimo di dignità, libertà e serenità”.
Le fate, i guru e il nostro cervello ci fregano continuamente. Le fate dicono: non so come ma cadrai in piedi; i guru danno algoritmi chiari: fai così e sarai soddisfatto, sei strumentale al loro interesse. Le persone non devono farsi ipnotizzare da tutto quello che vedono, ad esempio allo storytelling, da individuo si deve ‘denarrare’ per capire.
Per toglierci questi atteggiamenti auto sabotatori, e vivere bene in questi tempi, dovremmo usare delle tecniche come ‘viaggiare nel tempo’, o la ‘oggi, domani, dopodomani’ (10 giorni 10 mesi 10 anni), ossia capire quali sarebbero le conseguenze delle scelte fatte per i nostri progetti in un orizzonte temporale di lungo periodo. In questo modo le decisioni diventano più virtuose.
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