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_ La Disruption secondo i Disruptors: Roberto Bonzio

Con _ Roberto Bonzio

Presentati _ giornalista curioso (ex Gazzettino, Giorno e Reuters) che racconta storie,  autore di un progetto creativo nato sul ponte fra Italia e Silicon Valley. Italiani di Frontiera indaga da anni sul talento italiano ricercato ed esaltato all’estero spesso mortificato in patria. Storytelling, spettacoli, viaggi d’ispirazione  e un libro  (EGEA 2015, prefazione di Gian Antonio Stella) che hanno dato vita a una community internazionale di innovatori.  

Stiamo vivendo una situazione inedita, che cambierà completamente il contesto sociale ed economico. Ci sarà un pre e un post-COVID19.

Pensi che il modo di affrontare queste giornate possa fare la differenza su quello che ci aspetterà quando tutto questo sarà finito?

Fra emergenza sanitaria ed emergenza economica ne dovremo affrontare altre non meno temibili: emergenze culturali e psicologiche. Dalle settimane di isolamento forzato usciamo disorientati, spaventati, impoveriti. Ma anche con una nuova consapevolezza, perché  siamo stati costretti dal virus a rivedere tutti i nostri rapporti: con gli altri, con chi ci rappresenta, con la scienza, col resto del mondo, con l’ambiente… persino con  noi stessi. Ma questa nuova consapevolezza è una straordinaria opportunità, per cambiare in meglio, non tornare indietro.  

Mai come oggi è importante saper imparare, disimparare e imparare di nuovo: quali competenze consiglieresti di allenare o approfondire?

Sono da sempre convinto che sia la curiosità la dote principale, da coltivare. Curiosità significa essere aperti e persino attratti da quello che  esula dalla nostra routine. Cos’è la “contaminazione” parola persino abusata oggi parlando di innovazione, se non la capacità di trovare risposte inedite e soluzioni in qualcosa che non c’entra col nostro ristretto campo di conoscenza? Da questo punto di vista i social ci illudono di essere una finestra aperta sul mondo, mentre ci viziano e limitano selezionando contenuti, post o film adattandosi ai nostri gusti. Invece imparare e disimparare, come raccomandato dal futurologo Alvin Toffler, si fa aprendosi a conoscenze inattese.

Il tuo business o la tua attività ha risentito del lockdown?

Mi trovo in una situazione schizofrenica. Perché se il mio business tradizionale è e sarà a zero per mesi, visto che guadagnavo da interventi di storytelling e spettacoli, viaggi a Silicon Valley, dall’alto alto tutti i contenuti di Italiani di Frontiera, parole chiave, suggestioni mi sembrano straordinariamente pertinenti a quella Rivoluzione Culturale che questa emergenza può innescare.  Per questo ho realizzato una nuova piattaforma grazie alla partnership con una promettente start up di Intelligenza Artificiale, SistemEvo. Si chiama #neusciremomigliori(www.italianidifrontiera.eu) e sta raccogliendo eccezionali contributi di ispirazione da connazionali di talento in patria e all’estero, su come cogliere opportunità in quest’epoca di drammatici cambiamenti. E ispirare i più giovani a guardare con fiducia al futuro.

Il modello di “Change Management” proposto da John P. Kotter inizia con una fase chiamata: creare il senso di urgenza del cambiamento. Il lockdown ha spinto inevitabilmente a una nuova percezione sotto due punti di vista: vedere la digitalizzazione non più come un mezzo di competizione, ma come una condizione di sopravvivenza e una predisposizione al rischio e al cambiamento completamente nuova.

Sicuro, l’approccio al digitale è l’esempio lampante di questa Rivoluzione culturale.

Solo perché costretti da circostanze drammatiche, molti imprenditori, professionisti di aziende e mondo della scuola hanno scoperto che il lavoro digitale non è una nicchia trascurabile di cui diffidare, è uno strumento potente, una enorme opportunità che richiede però un modo diverso di ragionare. Non è una novità che eventi drammatici producano brutali accelerazioni a cambiamenti che erano in corso ma procedevano lentamente fra mille ostacoli.

“When you ain’t got nothing, you got nothing to lose”, lo diceva anche Bob Dylan. 

Si scopre quanto si è forti solo quando essere forti è l’unica strada, secondo te quando torneremo alla nuova normalità i benefici di queste consapevolezze potranno essere la chiave per rialzarsi e per diventare, magari, addirittura più competitivi di come eravamo prima?

Non ho dubbi che questa emergenza rappresenti una colossale opportunità. Ma tutto dipende da noi, far tesoro di cambiamenti e nuova consapevolezza vuol dire saper abbandonare stereotipi e cattive abitudini di cui faticavamo a liberarci: conflittualità e rivalità, ricerca di alibi e capri espiatori, diffidenza. La scommessa sul futuro si gioca su un rapporto diverso con gli altri, che deve essere ispirato a fiducia. Perché abbiamo capito che progresso, sicurezza e persino salute non li possiamo difendere “a scapito” di altri. Ci sarà salvezza solo tutti assieme. 

Anche le agenzie di comunicazione e il mondo degli eventi saranno obbligate a cambiare, a studiare nuove strade per dare nuove risposte ai propri clienti.

Secondo te, quale sarà la direzione da prendere, il ruolo del digitale e dei social media come evolverà?

E’ una grande sfida, anche questa culturale. Penso ci sarà una selezione brutale, che penalizzerà quanti rincorreranno affannosamente  vecchi modelli e favorirà chi saprà inventare e creare nuove modalità di comunicazione e persino eventi in format virtuale e digitale. Difficile dire ora come e cosa, di sicuro io ho già iniziato a lavorarci, con interviste e incontri su piattaforme digitali, persino due spettacoli da 70 minuti… con davanti solo un computer e una cinquantina di persone che mi seguivano (ottimi feedback alla fine) ma che non potevo vedere. Un bell’esercizio di concentrazione…

Home-Working o Smart-Working? Non è la stessa cosa essere obbligati a lavorare da casa oppure studiare nuove metodologie di lavoro per renderlo più “smart”. Spesso in Italia confondiamo lo smart-working con pratiche orientate ad una maggiore flessibilità di orario. Il vero smart-working parte da una leadership moderna, orientate alla fiducia e all’empowerment e a un senso di responsabilità molto alto nei lavoratori. Un lavoro orientato all’outcome, prima che al “monte ore”. Secondo te andrà in questa direzione il futuro del lavoro? Se sì, come prepararsi?

Di sicuro curiosità e flessibilità saranno parole chiave per aprirsi a soluzioni diverse. E di sicuro, come emerso dalle mie video interviste con amici ed esperti, il mondo del lavoro è stato spinto da questa emergenza anche a considerare che non è l’orario in ufficio ma i risultati prodotti a dar valore. E che l’idea che le persone e le aziende si valutino su come hanno svolto bene un compito secondo I protocolli previsti lascerà spazio a una valutazione su quanto e come siano riusciti a soddisfare esigenze magari impreviste e a risolvere problemi dei clienti.

Consigliaci un libro, un podcast e un video per prepararci al meglio alla disruption, al fine di renderla stimolo, consapevolezza e non preoccupazione.

Come libri sto leggendo con interesse “Range” di David Epstein (Best seller New York Times) su come in un mondo specializzato… trionfino I generalisti, concetto che da anni fa parte di IdF, visto che per molti degli italiani di successo incontrati all’estero proprio l’aver competenze in campi diversi e non essere super specialisti è stata la chiave del  successo. E non occorre essere contemporaneamente  ingegneri, scienziati e artisti come Leonardo… Tra I libri in italiano “La notte di un’epoca. Contro la società del rancore. I dati per capirla e le idee per curarla” di Massimiliano Valerii direttore generale Censis fa un’analisi approfondita di quella negatività che pervade il Paese (ma mi aspettavo di più sulle proposte). Il podcast che consiglio invece  è musicale, The Road House, blues davvero sempre di qualità. Quanto ai film, imperdibile “The Great Hack” su Netflix che ricostruisce l’inquietante retroscena dello scandalo Cambridge Analytica, svelando come il controllo abusivo di dati social abbia cambiato la nostra storia, probabilmente anche nell’elezione di Trump e nella Brexit. Zuckerberg e Facebook ne escono a pezzi. per la profonda assenza di valutazione delle conseguenze del proprio lavoro, spesso pregiudicato. Mancanza di “consapevolezza”, la parola chiave che deve accompagnarci in questi giorni, per sognare un mondo migliore. 

Egidio Alagia

Egidio Alagia

Event Manager