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Godersi Netflix sdraiati sul divano | the Zen agency

No rules rules: siete pronti al cambiamento costante?

Non ho motivi per sconsigliarti la lettura di uno dei migliori libri di organizzazione aziendale che abbia mai letto.

Anzi, forse uno: il libro di Reed Hastings e Erin Meyer dedicato a Netflix dà una perfetta lettura non tanto di quello che sarà il futuro mondo del lavoro, ma di quello che è il mercato del talento.

Quando lo concluderai, sorgerà una domanda:

Accetterei di lavorare per un’azienda come questa?

Non sarai sicuro di volerti dare una risposta.

Retribuzioni ai massimi livelli, TFR generosi, massima sincerità verticale e orizzontale, nessun limite di tempo libero e ferie di cui disporre. 

L’accesso sembra relativamente semplice, almeno nella teoria: devi essere il numero uno nel tuo ruolo oppure un talento che potrebbe puntare a diventarlo.

Partiamo da quello che questo libro – L’unica regola è che non ci sono regole – non è. Non stiamo parlando della storia di Netflix.

Che viene raccontata, certo, ma come sfondo del vero oggetto del libro: perché non è mai esistita un’azienda come Netflix? 

Un’azienda capace di cambiare pelle fino a diventare quella che conosciamo oggi, che continua a sperimentare, innovare e crescere.

Ho personalmente divorato ogni singola pagina ma visto che non voglio rubarti tantissimo tempo (che potresti investire meglio, ad esempio leggendo il libro), preferisco concentrarmi su tre cose, non le più importanti necessariamente, semplicemente significative. 

Le mie preferite.

Netflix culture deck

Una serie di 127 diapositive originariamente destinate a un uso interno ma che Reed ha condiviso nel 2019.

Per Sheryl Sandberg (Facebook) stiamo parlando di quello che potrebbe essere: “il documento più importante mai uscito dalla Silicon Valley”. 

Prendiamo questa slide:

Gli altri dovrebbero ricevere tempestivamente una generosa liquidazione per permetterci di liberare una posizione e trovare una star per quel ruolo.

Il Keeper Test usato di manager:

Per quale dei miei collaboratori sarei disposto a lottare se mi comunicasse di volersi licenziare da Netflix per accettare un ruolo simile in un’altra azienda?

L’approccio è chiaro: l’azienda non è una famiglia, è più assimilabile a un team.

I legami di sangue non si scelgono, chi compone una squadra sì.

In Netflix c’è spazio solo per i migliori, se non appartieni a questa categoria – prima o poi – un generoso TFR ti accompagnerà alla porta. 

Perché non c’è spazio per la mediocrità?

Lo spiega perfettamente questo esempio, dove si immagina un team composto da sette persone, di cui un paio mediocri:

  • assorbono l’energia dei manager, che ne avranno meno da dedicare agli altri cinque;
  • riducendo il QI complessivo del team, si abbassa la qualità delle discussioni del team;
  • viene ridotta l’efficienza, i migliori dovranno sviluppare modi per adeguarsi ai mediocri;
  • chi mira all’eccellenza viene spinto ad andarsene;
  • si mostra al team che viene accettata anche la mediocrità.

La performance – buona o cattiva che sia – è contagiosa.

Un team medio proporrà performance medie, anche da parte dei componenti che potrebbero offrire performance eccellenti.

Un team composto invece da persone altamente performanti, vedrà spinte a tutti i livelli dell’organizzazione per fare sempre meglio.

Pensaci, non è così strano.

Altri due punti mi hanno colpito molto: non sono previsti bonus sulle performance e vengono incentivati i colloqui presso altre aziende

Se sono il migliore nel mio ruolo, non ho bisogno di incentivi per fare meglio.

Farò già il massimo, perché tengo al fatto di voler rimanere tale (da un lato) e perché so che se non darò quanto posso lo farà presto qualcun altro al posto mio (dall’altro lato).

Vengono incentivati anche i colloqui presso altre aziende: se sono convinto di offrirti la miglior soluzione possibile per sfogare il tuo talento e sono disposto a pagarti al massimo del mercato di riferimento, perché te ne dovresti andare?

In Netflix si cerca un dialogo attivo con i propri manager: dimostrando che là fuori qualcuno sarebbe disposto a pagare di più una figura per coprire lo stesso ruolo, avrai diritto senza grandi difficoltà ad adeguamenti di compenso. Che non sono “orizzontali” o “per tutti”. Alcuni ruoli possono non cambiare per anni, semplicemente si segue l’andamento del mercato dei talenti.

Dove sta scritto che un aumento di retribuzione non possa avvenire ogni mese? E dove, che non possa anche non avvenire mai?

Il talento è esponenziale

Perché pagare tanto un talento?

In ambito creativo e digitale un campione non vale 2, 3 volte un dipendente normale. Cresce esponenzialmente, un singolo fuoriclasse nel proprio campo può valere 200, 300 volte dipendenti “normali”. Per questo motivo, possono bastare pochissime persone per ottenere risultati superiori a quelli raggiungibili da team molto più complessi e numerosi.

Il libro propone un processo per raggiungere l’eccellenza su tre pilastri, costantemente monitorati e migliorati: creare densità di talento, sincerità a tutti i livelli, eliminazione di controlli e burocrazia.

Di talento ho già parlato, sincerità fa rima con feedback.

Feedback che vengono gestiti in modo diverso, rispettando le diverse culture che compongono l’enorme puzzle di Netflix: non possiamo pensare che la risposta a un feedback negativo possa essere la stessa nei Paesi Bassi e nella cultura occidentale rispetto a Paesi come – ad esempio – il Giappone.

“Adattarsi” è la quinta “A” che si va ad aggiungere alle 4 proposte, parlando di feedback:

  1. AIM TO ASSIST: mirato ad aiutare.
  2. ACTIONABLE: attuabile.
  3. APPRECIATE: mostra sempre apprezzamento.
  4. ACCEPT OR DECLINE: accetta o declina.

Declinare, difficile quando il feedback è sincero e orientato a migliorare performance e processi.

La burocrazia genera inefficienze, scelte non prese tempestivamente possono causare danni anche milionari in un contesto rapido e competitivo come quello dove opera Netflix.

Per questo motivo, la burocrazia è stata completamente eliminata attraverso processi di fiducia. Nessuna politica di budget ai rimborsi, sarai liberaro di spesare a carico dell’azienda la cifra che reputi necessaria per il miglior beneficio di Netflix.

Utilizza i soldi dell’azienda come se fossero i tuoi, sarai tu a sapere quando basterà un veloce panino e quando una cena da uno chef stellato.

Controlli, certo, ci saranno ma il prezzo per la gestione di processi di approvazione su più livelli è troppo elevato rispetto ai benefici della rapidità.

Il ciclo di innovazione di Netflix

Se hai un’idea in cui credi fortemente:

  1. Stimola il dibattito, condividila.
  2. Una grande idea va testata, fallo.
  3. Se sei il responsabile del progetto, fai la tua scommessa.
  4. Se hai successo festeggia. Se fallisci dai visibilità al fallimento.

Chiudo con il ciclo di innovazione di Netflix, lo considero estremamente interessante perché potrebbe diventare quotidianità per qualsiasi organizzazione voglia definirsi innovativa.

La sede di Netflix | the Zen agency

Condivisione delle idee e test, per partire.

I responsabili dei singoli progetti non possono accontentarsi di essere meri esecutori o applicare il sì-è-sempre-fatto-così, serve scommettere continuamente su soluzioni nuove, provare il mai provato prima.

Si innova così, quello che sappiamo noi molto spesso lo sanno anche gli altri.

Si deve festeggiare, senza vergognarsi del successo di un’idea e del team che l’ha generata. 

Sembra banale, pensaci bene, non lo è affatto.

I fallimenti vanno resi visibili per due motivi, il primo è che dagli errori si impara, ma questo lo dicono tutti.

Per Netflix il tema è (anche e soprattutto) un altro: il costo che avrebbe impaurire le persone dalla voglia di provare strade nuove.

Una grande idea può avere successo, oppure no.

Smettere di innovare ha un esito certo invece: fallire.

Tornando alla domanda iniziale:

Accetterei di lavorare per un’azienda come questa?

Direi di sì, assolutamente sì.

Le storie sono parte della nostra vita

Perché le esperienze battono i numeri, il 100% delle volte

Le decisioni non sono (quasi mai) “Data driven”.

Da ogni parte ci raccontano che il futuro sarà in mano a potenti computer in grado di processare una quantità di dati così grande che non si riesce neanche a esprimere in cifre.

Mi ha confortato però leggere una articolo di Forbes che mette in evidenza l’importanza della personalità e della leadership, di qualità umane e soggettive come le esperienze.

Una premessa così la rifiuto

Bisogna fare scelte “Data driven”. È uno dei mantra dell’era delle tecnologie esponenziali. Eppure quando si tratta di convincere qualcuno della bontà di una proposta, l’uso delle statistiche può ispirare un comportamento chiamato “rifiuto della premessa”, cioè la facile obiezione che i soli dati, nudi e crudi, non dicono la verità e non bastano a supportare un’idea.

Questo genera diffidenza e sospetto in chi ascolta.

Informazione non corrisponde a decisione

Le informazioni non si trasformano automaticamente in un comportamento. Un persona informata non è detto che prenda la decisione più logica e razionale che consegue a quell’informazione.

Lo sappiamo bene noi del digital che studiamo gli intenti di ricerca per il SEO. L’intento informativo è il primo passo di un percorso di scelta e di acquisto, ma la decisione finale può venir fatta sulla base delle informazioni ma anche no, o non solo.

Statistica, ti sfido!

A volte le decisioni sfidano le statistiche perché si basano non solo sulla razionalità. Puoi essere consapevole che mangiare qualcosa di troppo dolce ti può fart male, ma potresti volerti concedere lo stesso quello sfizio, in barba alle informazioni in tuo possesso sul quel cibo e sulla tua salute.

Fatti privi di storytelling non esistono, non sono reali.

Le decisioni le prendiamo sempre da una prospettiva interna, dove le statistiche possono o non possono avere importanza. Abbiamo le informazioni, le conosciamo, ma la nostra parte interiore, fatta di tutto il nostro vissuto, decide a volte di prendere il controllo, di scegliere in modo indipendente.

Su Forbes, Chris Westfall spiega che dovremmo focalizzare la conversazione persuasiva sulla guida dell’esperienza che conta. Viviamo nell’era dell’informazione, è ovunque, ma è l’esperienza, quella personale, l’unica cosa veramente unica. 

È l’esperienza che rende i dati significativi

Il problema oggi non è conoscere più cose, quello che guida al cambiamento è accedere alle esperienze. È su questo che ci dovremmo concentrare e su cui di dovremmo impegnare.

Considera poi il contesto in cui i numeri sono raccontati, perché è la storia intorno ai numeri che rende i dati rilevanti, significativi, potenti. È il contesto che conquista i contenuti se desideri influenzare e guidare gli altri. 

Una percentuale da sola non vuol dire niente, può rappresentare qualcosa di positivo o di negativo, è la narrazione in cui è inserita che fa la differenza.

I numeri servono, ma non parlano da soli

Questo ci dice quanto importante sia la narrazione, il tanto citato storytelling. 

Siamo fatti di empatie e di esperienze legate al nostro vissuto

Mi piace la definizione di storytelling che dà lo scrittore Alessandro Baricco:

Sfilate dalla realtà i fatti e quello che resta è storytelling. Fatti privi di storytelling non esistono, non sono reali. Uno storytelling senza i fatti non è reale, perché è esso stesso un pezzo di realtà”.

È lo stotytelling che rende reali i numeri, le statistiche, i fatti.

Uso un’altra citazione per rafforzare la tesi sull’importanza dell’esperienza:

“Siamo fatti di empatie e di esperienze legate al nostro vissuto. L’esperienza è parte della nostra vita, diventa memoria, parte di me e del mio viaggio. Se la viviamo poi la condividiamo, quindi è un’arma molto potente”.

Sono parole di Mick Odelli, che con le esperienze, reali e virtuali, ci lavora.

Per suscitare un cambiamento, punta quindi sul contesto, sulle esperienze e lo storytelling perchè, come conclude Westfall nel suo articolo, “vincono sui numeri il 100% delle volte“.

Una buona notizia per tutti quelli che scrivono o producono contenuti basati sulla narrazione, uno strumento anche per i leader che vogliono persuadere i collaboratori, i capi o il pubblico.

Realtà Aumentata e Virtuale, esempi di come rendere l’immaginazione concreta

Imprenditoria e comunicazione: ecco come creatività e tecnologia possono migliorare e potenziare l’esperienza dell’utente.

Nella Mission Four di SingularityU Legnano Chapter abbiamo parlato di mondi reali e virtuali, delle loro interazioni e di quanto siano potenti le esperienze che fa vivere il loro connubio.

È su questo terreno che Realtà Aumentata e Realtà Virtuale entrano in gioco e si mettono al servizio delle persone.

Come di consueto, ne abbiamo parlato con persone impegnate con questo tipo di tecnologie in vari settori per scoprire alcune delle tante opportunità che AR e VR ci mettono a disposizione.

La tecnologia fa parte di noi, di Mick Odelli

Realtà Aumentata (AR) e Realtà Virtuale (VR) sono per me un lavoro.

Cos’è la tecnologia? Uno strumento e un linguaggio. Gli ultimi anni sono stati più veloci di tutti i secoli precedenti in ambito tecnologico.

Tutto corre, ma noi esseri umani rimaniamo mono-tasking. Il nostro cervello è rimasto quello di secoli e secoli fa. Siamo pensatori lineari in un mondo esponenziale.

Si dice che siamo ciechi sul futuro, le innovazioni ci precedono, non riusciamo a sfruttare l’esplosione di opportunità.

Dualità da contrastare tra quello che siamo, per natura, e quello che facciamo, cioè la tecnologia. Noi siamo tecnologia, la tecnologia è parte di noi, estendiamo continuamente I nostri limiti.

“La ragnatela è la tecnologia del ragno”.

La tecnologia si adatta a noi e viceversa, non dovremmo averne paura, ci aiuta a risolvere problemi. È qualcosa che ci estende nel tempo e nello spazio: capacità di calcolo, creatività (fotografica), ecc. Ci estende nella ricerca di vivere per sempre.

Fa parte di noi e ci permette di essere più grandi di quello che siamo.

Ci permette di estendere la nostra immaginazione.

“I sogni sono una realtà virtuale biologica”.

La VR ci dà la possibilità di vivere situazioni estreme e di vivere un’esperienza, rende l’immaginazione concreta. I creativi diventaranno i principali generatori di valore. Vogliamo vivere esperienze, perciò creatività ed immaginazione sono diventati essenziali in molti settori.

Stiamo passando dall’era dell’informazione, all’era dell’immaginazione. Tutto è disponibile, tutto si può imparare online, ora però bisogna trovare metodi per far assimilare queste cose, per attirare l’attenzione.

Oggi la tecnologia è un’attuatore d’immaginazione, ci permette di trasformare le informazioni in mondi. Pensiamo di essere razionali, ma siamo esseri emozionali, quindi tutto diventa esperienziale.

L’esperienza diventa parte della nostra vita, diventa memoria, parte di me e del mio viaggio. Se l’esperienza fa parte di noi, se la viviamo poi la condividiamo, quindi è un’arma molto potente.

L’informazione è disponibile, quello che aggiungiamo con AR e VR sono le sensazioni che ci stanno dietro.

“Siamo fatti di empatie e di esperienze, legate al nostro vissuto”. 

Con AR e VR ci possiamo mettere nei panni di qualcun altro, far vivere ad altri la mia esperienza.

Il video è comunque un ambiente controllato (dalla telecamera), la VR mi porta invece in un ambiente libero, in cui posso guardarmi attorno. Sono stimolato in modo diverso e con un’altra zona del cervello.

Il senso di presenza è un concetto che la tecnologia di oggi può dare molto di più che in passato.

Possiamo lavorare con questi tre tipi di realtà:

  • AR (Augmented Reality) si aggiungono altre cose a quello che vedo
  • VR (Virtual Reality) sostituisce interamente un mondo
  • XR (Mixed Rality) usa entrambe le cose

La creatività viene resa concreta dalla tecnologia e si passa dalla visione alla fruizione.

Ma è la tecnologia che dev’essere al servizio dell’uomo, non il contrario.

Il nostro corpo è rimasto indietro, la tecnolgia dev’essere sempre pensata in funzione dell’uomo. Quindi auspico che siano create sempre esperienze naturali, pensate sul viaggio delle persone, a misura d’uomo, per questo preferisco la XR.

Spesso ci dimentiamo che la tecnologia è uno strumento, ci aspettiamo che risolva Ie cose. Prima della tecnolgia, c’è il pensiero creativo che c’è dietro l’esperienza, quello che istiga, non per forza un mondo alternativo.

Di base siamo bambini curiosi. Quando usiamo la tecnologia allo scopo di rendere l’immaginazione reale, siamo tutti bambini.

L’esempio dal territorio, di Fabio Chinaglia

Con alcuni esempi, voglio spiegare come, partendo da una tecnologia, si possa fare impresa, sviluppando oggetti concreti e portandoli sul mercato.

La tecnologia non dev’essere fine a sé stessa, ma portare qualcosa di concreto. La cosa principale è trovare dei bisogni da soddisfare.

“Non amo il temine start-up, preferisco impresa. Impresa è una cosa difficile e per cui bisogna trovare un percorso”.

L’azienda HeadApp è stata un’impresa nata per sfruttare una nuova tecnologia innovativa nel campo della AR e dei Wearable Device.

Idea #1: Eye4Flight

Abbiamo applicato la tecnolgia nel campo del volo da turismo, in cui un problema è quello che il pilota da diporto si deve concentrare sull’ambiente esterno al velivolo ma anche su quello interno, sulla strumentazione.

L’uovo di colombo è stato quello di usare la tecnologia che era messa a disposizione in quegli anni, ad esempio, sui Google Glass per mettere a disposizione dei piloti quello che in modo più sofisticato hanno i piloti di aerei militari con gli Headapp Display (da qui il nome dell’azienda).

Abbiamo progettato uno strumento che permetteva su un piccolo schermo a disposizione del pilota di vedere i dati di volo senza guardare la strumentazione.

Questo tipo di tecnologia è molto disponibile, non si tratta di niente di sofisticato.

Quattro amici e una semplice tecnologia messa a disposizione su Raspberry.

L’importante è centrare l’idea è avere una validazione del prototipo dal mercato.

Presentato a una delle fiere di settore più importanti in Europa, questo strumento fu da subito un successo.

Idea #2: Eye4Task

Questo progetto aiuta le persone che fanno un lavoro tecnico molto specializzato, che lavorano sul campo e che hanno bisogno di informazioni.

Portare dei tecnici in zone remote dove hanno sede degli impianti (es. Pale eoliche) può essere difficile e dispendioso. Con il nostro visore, un tecnico può avere a disposizone delle informazioni su un display, dare dei comandi allo strumento, leggere QR code e allo stesso tempo, attraverso una telecamere, mostrare quello che vede ad altri tecnici, interagendo quindi con loro e avendo sempre le mani libere.

Eye for Task quindi rende possibile un modo di lavorare diverso e più sicuro e la condivisione delle informazioni.

Idea #3: Training specialistico

L’obiettivo in questo caso è dare modo a un tecnico di imparare e fare manutenzione senza dare accesso a un dispositivo molto complesso, come per esempio può essere un aereo militare.

Grazie a degli occhiali immersivi, il training viene fatto su un modello 3D completamente digitalizzato. Il tecnico può eseguire una procedura di manutenzione in modo molto preciso.

Lo strumento può tracciare il comportamento e verificare che la procedura venga fatta in modo corretto.

Il costo del training su un aereo reale sarebbe molto alto, grazie a una tecnologia come questa si può abbattere.

Questa tecnologia è a disposizione di tutti, tra virgolette; bisogna trovare il caso d’uso e costruire un modello. Nel nostro caso il difficile era costruire un modello 3D e un’interazione più vicina possibile all’esperienza reale.

Bisogna essere umili, essere artigiani della tecnologia. Non bisogna innamorarsi della tecnologia, ma trovare delle cose da fare e poi… farle!

Altra cosa importante è saperle raccontare, in questo gli americani sono molto più bravi di noi.

AR e Stampa, opportunità “phygital”, di Alberto Steffenini (Konica Minolta)

Le aziende Konica e Minolta sono partite dalla fotografia, ma poi, una volta fuse e ceduto a Sony quel ramo d’azienda, si sono dedicate come ‘Konica Minolta’  a dispositivi di stampa digitali professionali. Oltre a questo, oggi ci occupiamo dell’intero ciclo di vita del documento: acquisizione, digitalizzazione di processi fino a sviluppi di piattaforme di AR e in ambiti AI (Intelligenza Artificiale) e sicurezza.

La tecnologia ha ucciso la carta? Nel marketing lo strumento della mailing cartacea sta vivendo una seconda giovinezza. Il confronto sull’efficacia è a favore del cartaceo rispetto al digitale.

È una questione generazionale? È un falso mito, recenti ricerche ci dicono che i Millennials apprezzano molto la carta. Il messaggio è più personale, ma c’è di più.

Ricerche neurali danno risultati in favore della carta sul grado di attenzione del contenuto cartaceo rispetto al digitale, così come la reazione emotiva. Siamo più portati a desiderare un prodotto/servizio veicolato attraverso un messo fisico, come se avesse più valore.

Perché? Perché il nostro cervello è vecchio di migliaia di anni, siamo legati all’aspetto fisico.

La carta è anche esperienza: un libro lo tocco, lo soppeso, lo annuso, lo regalo, ci scrivo una dedica. Tutte cose che non posso fare con un mezzo digitale.

La carta quindi non è morta. Nel marketing, c’è un tema legato ai costi. La comunicazione digitale ci permette di raggiungere, a parità di costo, un pubblico molto più ampio.

Possiamo però cercare di dare più valore alla carta, provando a nobilitare il mezzo. Un esempio è il packaging del detifricio Colgate Total del 1997: un successo di vendite clamoroso e imitato, mentre il dentifricio all’interno della scatola era identico a prima. Poi anche Gillette ha saputo agire sul packaging, ottenendo maggiore riconoscibilità, velocità di attrazione e percezione della qualità.

La Realtà Aumentata è diventata una tecnologia di massa, in che modo può aiutare a dare più valore alla carta? Aumentando ulteriormente le qualità di efficacia comunicativa della carta che abbiamo appena citato.

L’esempio National Geographic: la copertina, inquadrata dallo smartphone, si anima e ‘prende vita’. Posso poi visualizzare dei modelli 3D di argomenti trattati nella rivista.

Grazie alla AR, è possibile combinare il meglio dei due monti, quello fisico e quello tecnologico.

La differenza col QR code? È radicale, il QR code è solo un automatismo che mi porta dal mondo fisico a quello digitale.

Attraverso la AR posso invece portare i contenuti digitali di qualsiasi natura nello stesso mezzo fisico.

I benefici della AR usata insieme alla carta:

  • Aumenta la customer experience
  • Crea maggior ingaggio
  • Efficacia misurabile (analytics)
  • Mi permette di modificare le campagne in tempo reale (es. A un volantino posso cambiare il contenuto AR associato)
  • Allunga la vita degli stampati
  • Si adatta a qualunque tecnologia di stampa
  • Semplice da implementare ed economica

La piattaforma AR di Konica Minolta si chiama Generate, è web based, facile e intuitiva.

AR/VR nella comunicazione, Simone Ramaccini (the Zen agency)

Nel 2003 veniva lanciato ‘Second Life’, un primo esempio di VR nel mondo digital.

Perché usare la AR in comunicazione oggi? Partiamo dal pubblico, dai consumatori e dall’esprienza che gli facciamo vivere coi nostri messaggi. Si aspettano che sia potenziata, più ricca.

Connessione emozionale

Coca Cola WWF e la sensibilizzazione sullo scioglimento dei ghiacci.

Risparmio, grazie ottimizzazione dei costi della carta.

Vendite e veicolazione di messaggi commerciali

Test di un prodotto virtuali, come provare la misura di un anello inquadrando la propria mano.

Informazione (Hyperlocal Adv)

In base alla posizione, i negozi della zona in cui ci si trovare possono fare dei push AR con le offerte disponibili.

Potenziamento del catalogo

Il caso Ikea nacque dal bisogno delle persone che volevano capire come un elemento d’arredo potesse stare a casa propria. https://youtu.be/uaxtLru4-Vw

Adv esperienziale

Caso della campagna per la nuova stagione di Walking Dead fatta da Sky Austrai, che si sviluppa nel mondo fisico per poi portare su un altro mezzo, la televisione.

Perché usare la Virtual Reality

Anche in questa situazione partiamo dai consumatori e dalla nostra audience. E come per la AR, sono sempre gli obiettivi di comunicazione a guidare la strategia e l’uso della VR.

Esperienza emozionale immersiva

Adidas arrampicata, rivivere la scalata.

100% dell’attenzione dell’utente: se vogliamo far vivere un’esperienza totalizzante.

Da storytelling a story-living: da mondo virtuale a mondo fisico

L’esempio di Renault Koleos che fa fare un test drive in aereo ai passeggeri.

Try before you by

Lowe è ferramenta americana che fa provare i prodotti in un ambiente virtuale.

Il Brand di birra ‘Old Irish’ si racconta come genuino irlandese, quindi ha fatto fare un viaggio in Irlanda con VR ai passanti di una piazza in Georgia.

Sono tutti esempi che, in base alle esigenze, attraverso la creatività, ci fanno usare la tecnologia per raggiungere gli obiettivi di comunicazione.

AR e VR nel turismo e l’esempio di Virtual Destination Italy, di Mauro Panebianco (PwC Italia)

Normalmente mi occupo di risparmio gestito, nel resto del tempo mi occupo di valorizzare il patrimonio artistico e culturale del nostro paese.

In Italia ci sono 55 siti UNESCO, con la Cina è il numero più alto detenuto da un solo paese.

La pandemia ha creato grossi problemi al turismo italiano, uno dei settori che rappresenta, con tutto l’indotto, il 12/13% del nostro prodotto interno lordo del nostro paese.

La pandemia ha limitato fortemente il movimento e le visite dei turisti nel nostro paese.

PwC col progetto Virtual Destination Italy ha voluto dare un sostegno al turismo, usando la tecnologia come fattore abilitante. La Val d’Orcia è uno dei 55 siti UNESCO italiani e ha potuto riprendere la propria promozione turistica grazie a AR e VR.

Abbiamo ripercorso l’esperienza dei nobili del 700/800/900 che venivano in Italia per vedere le bellezze del nostro territorio ricreando un Virtual Destination Italy.

Questi nobili percorrevano lo stivale da nord a sud per un anno per visitare l’Italia.

Attraverso un’App, con AR e VR, abbiamo accompagnanto i visitatori in questo Tour. Il turista si immerge in un viaggio d’altri tempi nella Val D’Orcia, un esempio positivo di come l’uomo abbia modificato il territorio.

Attraverso 12 storie, il turista ha un supporto nuovo ed esperienziale dei luoghi: può conoscere le storie, vedere come le costruzioni erano una volta, visitare anche posti chiusi al pubblico.

La App è in uso nei 5 comuni della Val d’Orcia attraverso dei tablet messi a disposizione dalle istituzioni locali.

I contenuti trattati sono i più vari legati al territori, da quelli storici alle curiosità, come i film girati nei luoghi della valle (es. Il Gladiatore e Il Paziente inglese).

La Val d’Orcia è una delle tre tappe di sperimentazione di Virtual Destination Italy, le prossime saranno in Veneto e in Sicilia, per un progetto che ambisce ad allargarsi ulteriormente.

Si tratta di un progetto per noi strategico che serve a rilanciare il turismo italiano.

Digital PR e Micro Influencer Marketing

Cosa serve per fare Digital PR e Micro Influencer Marketing in modo efficace

Pagare per pubblicare: facile, ma così è semplice pubblicità. Meglio pensare a una proposta che abbia benefici reciproci, con valori e obiettivi condivisi.

Far parlare di sé, della propria azienda e del proprio prodotto, in modo spontaneo, naturale, gratuito. Un sogno? Dovrebbe essere il risultato di quelle che sono le attività di Digital PR e Influencer Marketing ma che, nella fretta di vedere risultati commerciali concreti e nell’incapacità di pensare a una strategia, si traducono spesso nel pagare dei blogger per pubblicare dei contenuti marcatamente pubblicitari.

Ma allora perché rivolgersi a blogger o content creator? Non sarebbe più semplice investire in campagne pubblicitarie online tradizionali?

Quello che manca è la visione d’insieme, un piano che porti dei mutui vantaggi.

Prima di chiedere devi dare

Se il valore di comparire ed essere citati su altri canali e siti è la spontaneità, la condivisione di valori e la conferma della validità di ciò che la tua azienda offre, perché sprecare tutto con un semplice rapporto commerciale tra inserzionista ed editore?

Manca un piano, una strategia, degli obiettivi chiari e condivisi, e anche un po’ di generosità. Sì, è una regola del web quella secongo la quale ‘prima di pretendere devi dare’.

L’approccio dovrebbe essere quello di pensare a un progetto che porti vantaggi reciproci, a chi lo propone e a chi lo veicola.

Lasciamo a un’altra volta la spiegazione di come selezionare nel modo migliore i giusti Influencer, scelta che dovrebbe essere fatta in base agli obiettivi aziendali della campagna. Mi concentro sulla definizione del progetto con un caso concreto.

Il caso studio: il colore come contenuto

L’azienda Lechler produce vernici da più di un secolo. Quando li abbiamo conosciuti, stavano lanciando una linea di prodotti, chiamata Chrèon, destinata all’utente finale e avevano una strategia di comunicazione incentrata sulla cultura del colore.

Da lì, erano nate delle guide, cartacee e digitali, realizzare in collaborazione con una color designer autorevole, sul corretto uso dei colori nei diversi ambienti, residenziali e pubblici.

Digital PR e Micro Influencer Marketing: il colore come contenuto

Dopo la fase di scounting e selezione di blogger dei settori arredamento e creatività, abbiamo pensato al progetto da proporre. Le guide sull’uso del colore sarebbero state il contenuto gratuito (magnete) da inviare come primo approccio per il contatto, proponendo poi di testate, sempre gratuitamente, la pittura per un eventuale lavoro in casa o in un progetto professionale già in cantiere. Abbiamo parlato in primis con architetti e interior designer.

Un’alternativa poteva essere quella di descrivere in modo trasparente la necessità del nostro cliente e chiedere ai blogger di proporci un progetto di visibilità, ma abbiamo scelto di prendere noi l’iniziativa, così è tutto più veloce e anche i feedback sono subito per la maggior parte positivi.

La proposta vincente è quella ‘win-win’

La nostra proposta era chiara, concreta, e non era a senso unico, con l’obiettivo di aumentare la product awareness. In cambio di un test e della pubblicazione di una recensione positiva, se il blogger avesse ritenuto che la pittura lo meritasse, abbiamo offerto la guida e una latta di vernice di alta qualità, dal valore economico piuttosto importante per il tipo di prodotto in questione.

Ci siamo rivolti a dei micro influencer per essere più credibili ed efficaci, e perché sui macro influencer il cliente era già attivo con un altro obiettivo (brand awareness).

Nel progetto sono stati coinvolti anche i rivenditori di zona di Lechler, presso i quali i blogger potevano ritirare il prodotto.

La risposta è stata molto buona, siamo riusciti a distribuire molte guide a un target di professionisti e utenti finali qualificati, piccoli influencer, appunto, e a far provare il prodotto, ottenendo pubblicazioni di casi reali di applicazioni della pittura, anche molto diverse tra loro (uffici, stanze per bambini, living, ecc).

Prova strade diverse

Per diffondere il più possibile le guide al pubblico di consumatori finali, abbiamo provato due strade diverse. Il ‘magnete’ a disposizione era forte e di qualità (la guida colori cartacea), e abbiamo provato a renderlo disponibile in due modalità: la prima prevedeva la spedizione gratuita a casa, la seconda il ritiro presso il punto vendita più vicino in cui era possibile trovare i prodotti dell’azienda.

Facile prevedere che avremmo avuto più riscontro con la consegna a domicilio, ma abbiamo deciso di non puntare solo sulla quantità ma anche sulla qualità dei contatti.

Così abbiamo realizzato due campagne Facebook Ads, indirizzate a target distinti (anche in base alla posizione geografica dei rivenditori) per portare traffico a due landing page diverse, una per la consegna a domicilio e l’altra per il ritiro in negozio.

Il risultato del test è stato utile e ci ha comunque permesso di portare delle persone anche presso i negozi dei rivenditori e di rendere quest’ultimi partecipi dell’iniziativa.

Il risultato

Ecco alcuni dei link agli articoli con la prova del prodotto:

http://www.lacasadellostile.it/2017/08/dipingere-casa-come-scegliere-i-colori.html

E alcuni altri con la recensione delle guide:

http://www.design-outfit.it/su-misura/colore-per-interni/

http://www.maryviblog.it/2017/01/una-vita-con-piu-colore-comincia-dalle.html

https://www.easyrelooking.com/blog/comfort-e-colore-attraverso-i-3-sensi/

Conclusione

Il tipo di magnete è importante. Avere un contenuto di questa qualità a disposizione per una campagna non capita sempre, ma è il tipo di valore a cui devi puntare e offrire in cambio di una richiesta che fai alle persone (es. Dati di contatto e indirizzo email).

Il piano di distribuzione di questo ottimo contenuto è stato altrettanto importante. Avere il migliore contenuto del mondo, come una bella guida cartacea, non serve a niente se nessuno sa che esiste.

Così come è stato efficace promuovere il prodotto, la vernice, attraverso delle prove reali e creative.

Hai in programma attività di Digital Marketing e Influencer Marketing? Contattaci per studiare insieme una strategia.