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Murales dedicati a Diego Armando Maradona

Immagina Maradona al tempo dei social

Unico e irripetibile, che personaggio social sarebbe stato il campione argentino?

È stato più grande Pelé o Maradona? Si dibatterà in eterno sulla questione, fino a quando, forse, arriverà qualcun altro a inserirsi tra questi due totem del calcio.

La recente scomparsa del “Pibe de Oro” ha riportato alla ribalta non solo la domanda su chi sia stato il migliore di sempre, ma anche il giudizio sul personaggio: genio del pallone, e quindi esempio positivo di affrancamento dalla povertà attraverso lo sport, o personaggio autodistruttivo ed eccessivo, e quindi cattivo esempio?

Davanti a un personaggio così complesso, la domanda che mi faccio è: cosa sarebbe stato Maradona ai tempi dei social?

Ho visto Maradona…”

Prima di addentrarmi nell’analisi, ovviamente del tutto ipotetica, ci tengo a fare una premessa. Maradona l’ho incontrato, per lavoro, nel 2003, in uno dei momenti probabilmente tra i più critici della sua vita e questo traspariva subito.

L’ho incontrato in occasione di un evento, nel Principato di Monaco, luogo conosciuto per la sobrietà e l’ordine. In quella circostanza però, anche la rigidità di Monte-Carlo dovette lasciare posto al delirio dei tifosi di Diego Maradona, che appena hanno intravisto il loro idolo si sono arrampicati sugli alberi del lungo mare della Costa Azzurra pur di riuscire a vederlo.

Non avevo mai visto una cosa del genere. Maradona aveva smesso di giocare molti anni prima, eppure era ancora una star, una personalità eccezionale.

Trasversale, più di chiunque altro

Provo a pensare a un Maradona ancora calciatore nell’epoca dei social network. Quanti follower avrebbe avuto?

Al momento della sua scomparsa, l’argentino aveva una pagina Facebook ufficiale con 11 milioni di fan. Facebook è nato nel 2004, Maradona ha smesso di giocare nel 1997.

Un personaggio contraddittorio, un calciatore dalla fama planetaria, che giocava in un catino di passione come Napoli a che numeri sarebbe potuto arrivare?

Ok, neanche al top da calciatore ha mai avuto il fisico di Cristiano Ronaldo (più di 120 milioni di follower solo su Facebook), non ha giocato nel dream team del Barcellona di Leo Messi (90 milioni), ma nessuno di questi due campioni moderni ha le caratteristiche di empatia e di umanità di Maradona.

Diego provocava, non usava le frasi fatte dei calciatori di oggi. Parlava di ingiustizie sociali, di riscatto, di politica. Quante reazioni ed engagement avrebbero creato le sue dichiarazioni, quasi sempre senza filtro?

Oggi gli avrebbero messo alle calcagna un ‘esperto’ di comunicazione, ma Diego era troppo genuino, nessuna guardia del corpo sarebbe riuscita a mettergli il bavaglio, avrebbe comunque detto sempre quello che pensava.

I suoi canali social li avrebbe gestiti un’agenzia? Forse sì, ma difficilmente Diego si sarebbe negato la possibilità del contributo diretto, troppo forte l’attrazione di una platea come quella dei social per uno che voleva sempre sentirsi amato e riconosciuto dalla gente.

Con la pressione mediatica di oggi, Maradona sarebbe riuscito ad andare a giocare nel fango di un paesino alla periferia di Napoli, quasi di nascosto, per beneficenza? Un tipo come lui, probabilmente ci sarebbe riuscito.

Dal punto di vista del potenziale appeal social, forse solo Muhammad Alì si potrebbe paragonare a Maradona. Nemmeno Michael Jordan si può avvicinare, lo vedo più simile a Cristiano Ronaldo, più studiato e disciplinato come personaggio pubblico e comunicatore.

Tra i 25 post che nel 2020 hanno generato maggior engagement 7 sono di Cristiano Ronaldo: il maggior coinvolgimento è stato ottenuto da un video di 11 secondi che vede il calciatore terminare una sessione di allenamento casalingo e spronare compagni di squadra e tifosi. Il post ha ottenuto 6.3 milioni di visualizzazioni, 1.280.049 tra Like e altre reazioni, circa 70 mila commenti e 38.5 mila condivisioni.

Un dietro le quinte difficile da gestire

E poi c’è l’altra faccia della medaglia. Secondo Ciro Ferrara, ex calciatore e compagno di squadra di Maradona, se ci fossero stati i social network quando Diego giocava a Napoli, ne sarebbe stato annientato.

Provo a pensare a una persona con la vita di Maradona fuori dal campo (feste a tarda ora, amicizie discutibili, ecc.), quanto e quale spazio avrebbe avuto sui social media, senza contare la miriade di siti, canali televisivi e radio che gli sarebbero stati addosso, sempre.

Un’esposizione difficile da gestire per qualsiasi manager o professionista della comunicazione, figuriamoci per uno dalla personalità complessa come quella del Pibe de Oro.

Lo vediamo oggi con molti calciatori, per quanto i club di appartenenza si sforzino di vietare o limitare l’uso dei social, c’è sempre qualche situazione sconveniente o poco gradita che arriva ad avere visibilità, con le conseguenti polemiche e danni di immagine.

Numero uno, anche sui social?

Maradona sarebbe sicuramente stato una star dei social. La sua storia è stata un “viaggio dell’eroe” ricco di alti e bassi che avrebbero affascinato il pubblico di Facebook&Co., sia i fan che i detrattori, così com’è successo per i registi Marco Rosi, Emir Kusturica, Paolo Sorrentino e altri ancora che ne hanno raccontato le gesta al cinema.

Il ragazzo povero diventato il miglior calciatore di sempre basterebbe da sola come narrazione efficace, ma personalità, profumo di leggenda già quando era agli inizi di carriera, genuinità, gossip sono un mix che avrebbe fatto di Diego il personaggio social più seguito di sempre.

Non so però se sarebbe stato in grado di sopportare a lungo quel tipo di esposizione e le sue conseguenze.

Unaragazza guarda verso l'orizzonte

Imparare la tecnologia per formarsi al futuro

Apriamo la stagione degli eventi 2021 con una nuova “Mission di SingularityU Legnano Chapter. Nel corso del 2020 abbiamo organizzato cinque eventi, nei quali abbiamo affrontato e discusso tematiche molto attuali.

Anche per quest’anno the ZEN agency sarà Media Partner del Chapter, cominciando dal 20 gennaio con la data in LIVE Streaming: FUTURE OF LEARNING.

Sono state affrontate tematiche tra le più attuali e cruciali del nostro Paese; un viaggio verso il cambiamento e la modernizzazione di scuola e lavoro.

Francesca Porzio (ambassador del Chapter di SingularityU Legnano) ci introduce al tema dell’educazione; argomento a cuore sia come genitore che professionista.

Dal primo punto di vista, ci si preoccupa del futuro dei propri figli; mentre da professionista, i temi della formazione, up-skilling e ricerca dei talenti sono sfide che le aziende sviluppano in continuazione.

Francesca ci invita ad “alzare lo sguardo” per affrontare questa tematica che è centrale, non solo per il contesto di emergenza in cui viviamo, ma dobbiamo domandarci quali siano le esperienze, gli approcci e i contenuti che permettono di preparare al meglio le generazioni future e come poter utilizzare la tecnologia al meglio, senza subirla.

Cosa dovranno studiare i nostri figli per poter affrontare un futuro in cui le tecnologie esponenziali cambieranno il contesto in cui viviamo e lavoriamo, in modo radicale e continuamente? Come si dovranno riorganizzare le scuole per poter formare le competenze umane e professionali adeguate?

L’istruzione è il passaporto per il futuro, perché il domani appartiene a coloro che si preparano oggi”.

Malcom X

Egidio Alagia (componente del Leadership Team di SingularityU Legnano) ci mostra i risultati di una ricerca dell’ONU secondo la quale la pandemia ha causato “la più grande interruzione dei sistemi educativi della storia, interessando quasi 1,6 miliardi di studenti in più di 190 paesi in tutti i continenti”. Secondo le stime, la chiusura delle scuole e degli altri spazi di apprendimento ha avuto un impatto sul 94% della popolazione studentesca mondiale.

Uno dei problemi più rilevanti è che un gran numero di studenti (dai 6 ai 17 anni) hanno difficoltà nel poter seguire le lezioni a distanza, dovuto a problemi di mancanze di tecnologie a disposizione e di spazi domestici dove poter dedicare l’attività di studio.

Un cambiamento così improvviso che ha colto la comunità scolastica per molti versi impreparata. La didattica a distanza, benché necessaria per affrontare la crisi, rischia di creare scompensi enormi tra chi in qualche modo, supportato dalla famiglia, riesce a tenere il passo e procedere nella strada degli apprendimenti, e chi rimane sempre più indietro. Questa situazione, inoltre, crea l’effettivo rischio di un incremento di abbandoni scolastici precoci.

Si può notare come la scuola non si sia mai evoluta ed innovata nel corso degli anni.

Non ci siamo mai dovuti porre il problema di dover cambiare un modello ormai consolidato. Un tema che si unisce a questo è quello legato al mondo delle aziende, dove invece si richiedono nuove attitudini, skills e tematiche di ricollocamento, per imparare cose nuove.

Con questa introduzione, presentiamo il primo ospite della serata, un esempio di eccellenza del nostro territorio: Maurizio Carminati.

È imprenditore metalmeccanico alla guida di Carminati Group di Rescaldina, presidente del settore meccanico di Confindustria Alto Milanese e presidente della U.S. CARCOR (società calcistica di base, appartenente al settore giovanile e scolastico).

Gli uomini imparano finché vivono, le imprese vivono finché imparano”.

Al giorno d’oggi è cambiato il paradigma; prima era l’azienda grossa che mangiava l’azienda piccola (analogia con il pesce grande che mangia il pesce piccolo), adesso il paradigma si è evoluto nel pesce veloce che mangia il pesce lento. Per essere veloci bisogna conoscere la strada e avere alle spalle la preparazione adeguata. Nel campo aziendale, per poter competere nel futuro, la risposta è il digitale.

L’innovazione è una trasgressione andata a buon fine”.

Soprattutto nel campo della meccanica, vi sono aziende storiche che non sono nate digitali e per poter competere nel futuro devono iniziare un processo di innovazione, aspetto operativo non di poco conto.

Da questa riflessione sviluppa la necessità di far capire cosa vuol dire studiare la tecnologia oggi, partendo dal nuovo IFTS sulla meccatronica progettato dall’Istituto Bernocchi di Legnano, Confindustria Alto Milanese e ai partner LIUC Università Carlo Cattaneo Castellanza e IAL Lombardia. IFTS è l’acronimo di istruzione e Formazione Tecnica Superiore, riservato agli studenti che hanno conseguito il quinto anno del diploma piuttosto che al quarto anno degli istituti professionali. La caratteristica fondamentale di questo percorso è che il 66% dei docenti proviene dal mondo aziendale, stabilendo così una scorciatoia che garantisce a questi studenti un ingresso diretto nel mondo delle aziende.

EMPATIA, PROBLEM-SOLVING, ALTRE SOFT SKILLS: sono percepite da aziende come tali?”

Il valore in azienda di una persona è dettato sia dalla preparazione tecnica sia dal proprio valore etico-morale. L’empatia del saper lavorare in squadra si insegna in vari settori, anche nello sport, passione di Carminati, presidente della società di calcio giovanile scolastico poiché crede che mai come adesso serva imparare a trasmettere ai ragazzi cosa vuol dire lavorare in una squadra, operare, saper perdere con dignità e saper ripartire dopo la sconfitta.

Il team spesso va alla velocità del più lento, il più bravo è quello che sa alzare il valore della squadra”.

Non vi è un’unità di misura per poter misurare queste performances. Siamo stati abituati nel mondo universitario a dover raggiungere determinati risultati senza l’obbligatorietà di una scadenza. Il mondo aziendale non è così.

Chi è a conoscenza del mondo delle aziende è in grado di costruire un sistema formativo corrispondente alle loro esigenze, che permette a ragazzi e ragazze di trovare lavoro e alle aziende di trovare personale specializzato. Un successo dell’imprenditoria italiana che sa darsi da fare senza aspettare le istituzioni.

Dopo la presentazione di questo illustre progetto, Egidio ci introduce il secondo momento della serata, un tavolo di discussione composto da:

Lorella Carimali, docente di matematica e fisica al Liceo Scientifico Vittorio Veneto di Milano e premiata nel 2017 tra i dieci migliori insegnanti italiani dell’Italian Teacher Prize e selezionata nel 2018 tra i 50 finalisti del Global Teacher Prize. Autrice di “L’equazione della libertà. Nella matematica c’è la chiave della rinascita” e “La radice quadrata della vita. Nel mondo dei numeri c’è la chiave della felicità”, editi da Rizzoli.

Chiara Schettino, la più giovane al mondo ad aver conseguito la certificazione di Scrum Product Owner. La vittoria di un hackathon nazionale le permette di volare alla Silicon Valley, in California. Lì lavora alla sua startup in ambito agritech.

Domenico Ioppolo, Direttore del Salone dello Studente e il Chief Operating Officer di MF servizi editoriali e di Campus, del gruppo Class Editori.

Egidio ci espone dati numerici raccolti da un’indagine condotta da SAVE THE CHILDREN tra 1.000 studenti (dai 14 e i 18 anni), tra il 2 e il 13 dicembre 2020:

  • L’85% di ragazzi/e ha affermato di aver compreso quanto sia importante relazionarsi con altre persone.
  • Il 65% di ragazzi/e è convinto di star pagando in prima persona l’incapacità degli adulti di gestire la pandemia.
  • Il 63% di ragazzi/e ha dichiarato di non poter vivere esperienze sentimentali importanti per la loro età.
  • Il 46% di ragazzi/e che ha considerato lo scorso anno scolastico come sprecato.
  • Il 38% di ragazzi/e che boccia l’esperienza della DAD per l’inadeguatezza degli strumenti a disposizione.
  • Il 28% di ragazzi/e ha avuto almeno un/una compagno/a di classe che ha smesso di frequentare le lezioni durante la DAD.

Sono dei dati che indubbiamente fanno riflettere e che dimostrano gli effetti negativi di questa situazione.

Raccogliamo tre punti di vista differenti e preziosi di tre eccellenze del settore.

Partecipiamo alla prima testimonianza riferita al Salone dello Studente, raccontata direttamente dal suo fondatore e direttore Domenico Ioppolo. Sono 15 saloni collocati in 15 città italiane dove 250.000 ragazzi incontrano tutta l’offerta formativa universitaria e terziaria.

Dopo tutte le circostanze, che ben conosciamo, anche il Salone dello Studente ha dovuto cercare una soluzione: il digitale.

I numeri di partecipazione e condivisione riflettono il risultato dell’innovazione:

8.907 istituti scolastici coinvolti, 452.000 utenti che hanno consultato 2.142.000 di contenuti, 7.459 ore di live alle quali hanno partecipato 270.000 studenti e 4.700 insegnanti sono stati coinvolti in 24 convegni del programma “A Misura di Scuola”.

Da questo punto di vista il Salone ha rappresentato una vittoria del digitale, permettendo a molti ragazzi, ragazze e famiglie di poter accedere a contatti ed informazioni con diverse università.

Come sarà il futuro? Sicuramente una volta superato l’emergenza pandemia, l’evento tornerà fisico, senza escludere il bisogno di un supporto digitale.

Il mondo ha da sempre subito eventi drammatici, ai quali le persone si sono dovute adattare e reinventare.

Una testimonianza più ravvicinata è senza dubbio quella di Chiara Schettino, giovane studentessa e Future Education Activist. È la più giovane al mondo ad aver conseguito la certificazione di Scrum Product Owner. A 15 anni partecipa al suo primo Hackathon, organizzato per giovani studenti nella sua scuola.

Che cosa sono gli Hackathon?

Sono delle competizioni che possono durare 48 ore in una settimana, dove un gruppo di persone con background differenti devono lavorare insieme su un progetto, una sfida, con degli obiettivi da raggiungere. Viene sfruttata la metodologia del problem solving e vi è la possibilità di conoscere e potersi confrontare con nuove persone in tutto il mondo.

Chiara Schettino è sempre stata spinta per suo carattere a ricercare nuovi canali, esperienze ed opportunità. Sarebbe bello che un maggior numero di ragazzi entrasse in contatto con queste iniziative altamente formative.

Per Schettino questa esperienza ha generato nuove opportunità. A seguito di una vittoria di un Hackathon nazionale nel 2019, con il suo team, vola verso la Silicon Valley in California. Lì lavora alla sua startup in ambito agritech «Sow Future», che diventa poi un progetto di ricerca. Tornata dalla California, con alcuni ragazzi conosciuti durante il viaggio fonda il progetto «Conthackto»: una piattaforma di challenge digitali, che connette gli studenti delle superiori di tutta Italia. Durante il lockdown prende parte agli hackathon HackTheCrisis per proposte e soluzioni contro il Covid-19 e collabora con il team VoiceMed, startup internazionale che pre-diagnostica Covid-19 grazie alle emissioni vocali. Attività che le hanno permesso di collaborare con una vastissima Community proveniente da tutto il mondo.

L’acceleratore Covid”

Una situazione che ha portato tanta tristezza e distruzione ma, per alcune tematiche, ha portato innovazione, esempio nella Future Education.

Nell’adattarsi al contesto, è avvenuto un cambiamento delle abitudini radicale, che forse, in una situazione di normalità sarebbero avvenuti dopo molti anni.

L’istituzione scolastica italiana è rimasta nell’era pre-Covid”.

Così commenta Domenico Ioppolo. Solitamente la preoccupazione espressa dai docenti è quella del “non far copiar lo studente” collegato online, invece di valorizzare questa capacità, utile nel mondo delle aziende dove non serve per forza reinventare sempre da zero, ma serve anche saper “imparare” questa capacità prendendo ispirazione dai più bravi.

Carimali sottolinea invece come questa azione fatta da uno studente vada contro il patto di lealtà, stabilito nel rapporto educativo. Cosa diversa è il “copiare” inteso dalle aziende, dove si deve partire dai risultati precedentemente ottenuti dagli altri per elaborare dei miglioramenti.

Studia, se no vai a lavorare!”

La continua evoluzione tecnologica, secondo Ioppolo, renderà necessaria una formazione continua del lavoratore rendendo obsoleta l’attuale contrapposizione tra studio e lavoro, scelti in maniera esclusiva.

Anche secondo Schettino: “i ragazzi vanno allenati ad affrontare le sfide future”.

Per fare ciò è necessario sviluppare nuovi modelli educativi che partano dalla scuola dell’infanzia.

Carimali si unisce a questa esigenza di pensare a un nuovo modo di fare scuola che non contrappone la cultura umanistica con quella tecnologica. La matematica è l’anello di collegamento tra queste due aree disciplinari perché: “è nei contenuti umanistica immaginando mondi possibili, e scientifica nei metodi usando il metodo scientifico”.

La matematica aiuta a sviluppare la capacità di visione e di problem solving che sarebbe auspicabile avere nelle persone che svolgono funzioni di governo e di responsabilità nei vari ambiti.

Attualmente in Italia la competenza matematica non è adeguata, infatti si riscontra da varie ricerche una alta percentuale di analfabetismo funzionale.

Quindi il sistema scolastico italiano, secondo Ioppolo, andrebbe riformato per sostenere l’adattamento delle nuove generazioni al rapido mutamento che lo sviluppo tecnologico determinerà nel mondo del lavoro. “I nati di oggi faranno lavori che oggi non esistono”.

Carminatiritiene che si debba maggiormente privilegiare lo sviluppo delle conoscenze rispetto all’accumulo delle informazioni.

Bisogna essere creativi”

Interviene Carimali spiegando come le nuove generazioni siano abituate alla soddisfazione immediata, mentre è importante che la scuola sviluppi anche la capacità di differire la gratificazione nel tempo. Anche l’errore deve essere inquadrato in una prospettiva di evoluzione.

Il lockdown ha messo in evidenza l’importanza di un aspetto che davamo per scontato: la scuola è una comunità. È proprio questo aspetto relazionale che è stato più carente. La sfida è quella di trovare anche nella DAD risposte adeguate a questo bisogno umano di relazionarsi e di sentirsi parte di una comunità.

Egidio sottolinea che forse c’è una relazione tra il metodo scolastico e le capacità di affrontare i problemi e di inventare nuove soluzioni; alcuni personaggi tra i più innovativi del nostro tempo (come Jeff Bezos) hanno frequentato le scuole Montessori. Un metodo elaborato da una delle prime donne laureate in Italia, che però si è diffuso maggiormente all’estero. Questo metodo mette in contatto l’alunno con un ambiente semplificato a sua misura in modo che possa agire attivamente su di esso. L’evoluzione formativa avviene in maniera individualizzata e stimola l’autovalutazione.

Come cambiare la scuola di oggi?

Schettino evidenzia come molti ragazzi vengano demotivati dal nostro sistema formativo e a volte siano proprio le attività extra-curricolari che riescono a dare la giusta motivazione per svilupparsi e intraprendere nuove iniziative, le quali dovrebbero essere supportate dalle famiglie e dalle istituzioni per permetterne la concretizzazione.

Bisognerebbe dare più spazio allo sviluppo delle competenze trasversali, ad esempio a lavorare in gruppo.

Ioppolo ci ricorda che tra due anni ci sarà il centenario della Riforma Gentile, il quale ha impostato la struttura della nostra scuola. Sono d’accordo che è il momento di pensare ad un cambiamento radicale di tale modello. Ioppolo ritiene di dover privilegiare un cambiamento nei contenuti dei programmi, tenendo presente il fatto che ora le informazioni si ottengono facilmente con strumenti come Google. Invece secondo la professoressa Carimali sarebbe bene intervenire, non tanto sulla modifica del contenuto, ma sulle modalità di svolgimento delle lezioni.

Carminati sollecita la nascita dal basso di un movimento per l’evoluzione scolastica più aderente alla realtà aziendale, senza aspettare le istituzioni e invita le persone più esperte ad offrire una parte del loro tempo per formare le nuove generazioni.

Il docente deve continuare a imparare”

La professoressa Carimali ritiene che sia giusto agire inquadrando diversamente il ruolo dell’insegnante, sganciandolo dal livello impiegatizio ed esaltandolo come figura intellettuale.

In conclusione

Emerge un’esigenza di mutamento radicale del sistema scolastico italiano: nei contenuti, privilegiando le conoscenze e le competenze trasversali; nei mezzi, utilizzando pienamente tutte le potenzialità che può offrire la didattica con strumenti digitali; negli insegnanti, sviluppando la creatività intellettuale e l’aggiornamento continuo; nella società, chiamata a contribuire attivamente fornendo risorse e stimoli che indirizzino gli obiettivi formativi; nei metodi per riuscire a motivare gli allievi ad apprendere, a formarsi come persone in grado di dirigere il cambiamento. Nel complesso quindi, realizzare una comunità educante.

Un flirt tenuto nascosto

WhatsApp, un vero Signal di cambiamento?

Amore vero per Signal o è solo una scappatella? Cosa c’è dietro il boom di download della app di messaggistica open source.

Un semplice tweet di Elon Musk ha convinto moltissimi utenti fedeli alla famosa app di messaggistica WhatsApp a scaricare e usare Signal, un tool gratuito che fa della sicurezza il suo maggior pregio.

Una semplice comunicazione di servizio e si scatena il panico

A partire dal 15 maggio 2021, per continuare a usare WhatsApp, l’utente dovrà accettare gli aggiornamenti riguardanti i nuovi termini e l’informativa sulla privacy. In caso contrario, il servizio verrà disattivato.

La modifica del contratto unilaterale dei termini e delle condizioni di servizio è qualcosa a cui, purtroppo, ci siamo abituati. In questo caso la preoccupazione è sull’interazione che WhatsApp potrebbe avere con Facebook, che dal 2014 è proprietario di WhatsApp (pagato una cifra vicina ai 19 miliardi di dollari).

Panico da smartphone

La notifica inviata a inizio anno a tutti gli utenti dal software di messaggistica più usato chiedeva il via libera per quanto riguarda la gestione dei dati con connessioni a Facebook (senza dimenticare Messenger e Instagram) e questo ha sollevato discussioni e malcontento tra gli utenti.

Il regolamento europeo sulla tutela dei dati personali, il famoso GDPR, impone alle aziende una maggior chiarezza per quanto riguarda la pubblicazione di politiche sulla privacy. Se mai un giorno WhatsApp volesse condividere i dati degli utenti europei dovrebbe farlo nel rispetto del GDPR.

Quindi la preoccupazione è per ora infondata, almeno per quel che riguarda gli utenti europei di WhatsApp.

Tutto questo però ha riportato l’attenzione su problema molto più grande che ora facciamo fatica a gestire: per anni ci siamo abituati a regalare informazioni sensibili, senza sapere veramente a cosa andavamo incontro e come venissero effettivamente usate.

La censura e il potere dell’influencer

Anche se molti blog attribuiscono la migrazione degli utenti di WhatsApp verso Signal a una maggiore consapevolezza personale dei rischi per la privacy, le cose non stanno proprio così.

Elon Musk è uno degli imprenditori e innovatori più ammirati del mondo, un vero Influencer in grado di suscitare delle reazioni concrete i chi lo segue. L’invito a scaricare Signal non può essere attribuito al suo amore per la privacy, ma va collocato nel contesto politico americano attuale.

Il tweet di Musk del 7 gennaio 2021 è stato pubblicato il giorno dopo l’assalto al Congresso di Washington e la conseguente sospensione a tempo indeterminato dei profili social di Donald Trump. Pochi giorni dopo, il 14 gennaio 2021, in un articolo pubblicato su Forbes, il figlio di Trump ha pubblicamente chiesto a Musk un aiuto per “ridar voce” al padre.

L’azione del famoso imprenditore di Tesla sembrerebbe voler rivendicare la “libertà di espressione” dell’ormai ex presidente e come una ripicca verso l’azienda di Zuckerberg, una di quelle che ha espulso Trump dalla propria piattaforma.

Da qui l’impennata dei download dell’app Signal, un software non schierato ma, soprattutto, concorrente del WhatsApp di Zuckerberg.

The Signal app was downloaded almost 1.3 million times on Monday, according to data from Apptopia, a tracking firm. The encrypted-messaging app had been downloaded an average of 50,000 times a day prior to Musk’s tweet. (Cnet.com, 15 gennaio 2020)

Non so di cosa avere più timore, dell’influenza dei social sulla comunicazione, politica e non, delle oscure politiche di gestione dei dati personali dei grandi player di questo settore, della scarsa consapevolezza dei pericoli di sicurezza che corriamo, e, ultima ma non meno importante, del potere di condizionamento che hanno certi personaggi, come Elon Musk, a cui è bastato un tweet per provocare centinaia di migliaia di download di un’app (e se entrasse in politica?).

Serve però altro per spaventare i big del mercato

WhatsApp è stato solo la vittima di una guerra di potere. Per spostare in modo permanente gli equilibri dell’uso delle piattaforme più famose ci vuole però altro.

La forza dei sistemi di messaggistica sta nella diffusione e nella posizione dominante che hanno acquisito.

I social più popolari al mondo, ottobre 2020

WhatsApp si è imposto e ha dominato il mercato occidentale della messaggistica istantanea tanto da essere diventato uno standard. Se molte più persone adottassero nuove app saremmo costretti a scaricare più di un’applicazione dedicata a questo scopo sul nostro smartphone. Abbastanza scomodo come scenario.

Le sempre nuove integrazioni di WhatsApp, inoltre, lo stanno rendendo sempre più gradito anche alle aziende.

WhatsApp Business è la versione dell’app, gratuita, pensata per piccoli imprenditori, che consente di interagire con i potenziali clienti, presentare prodotti, servizi e rispondere alle loro domande durante il percorso e l’esperienza di acquisto.

Ci sono poi alternative come Telegram, che si è ritagliato una sua nicchia ma è ben lontano dai numeri di WhatsApp, come Messenger o come WeChat, il vero antagonista di WhatsApp, dotato di molte più funzioni del rivale, leader assoluto in Cina, ma che non ha mai preso piede in Europa e Stati Uniti e che dal punto di vista della privacy lascia molto a desiderare.

Amore vero? Solo una scappatella

Il dominio di WhatsApp è messo seriamente in pericolo dal problema privacy? Secondo me no. Voglia di provare qualcosa di diverso (Signal), la contingenza emotiva della questione Trump, l’invito a cambiare strumento fatto da un influncer del calibro di Elon Musk sono state le vere ragione di questa “scappatella” dalla routine di WhatsApp.

La consapevolezza del problema della tutela dei dati personali non è ancora così alta da spostare in massa gli utenti da un’app all’altra.

L’invito di Musk era una provocazione che è stata raccolta nell’immediato, ma quanti lasceranno definitivamente WhatsApp per Signal?

Una richiamo alla espulsione dai social di Donald Trump

E se anche tu fossi bannato dai social come Trump?

Politica, libertà d’espressione, democrazia? Più che altro una riflessione sul (troppo?) peso che attribuiamo ai social media.

Essere escluso dai social network è un atto di censura? Equivale a non poter più comunicare? È una limitazione della libertà d’espressione?

Il caso Trump, escluso da Facebook e Twitter dopo i fattacci di Capitol Hill, ha generato molte domande a cui tanti hanno provato a rispondere, generando più confusione che chiarezza su un argomento che in effetti lascia molto spazio alle interpretazioni.

La provocazione che voglio fare è però un’altra: essere esclusi dai social quando sono i principali canali di comunicazione e di propaganda è sicuramente un danno per un politico, ma quanto lo sarebbe per un’azienda? Quanto sarebbe grave l’espulsione dai social per la tua attività imprenditoriale?

Se il tuo web marketing si basa in larga parte, per esempio, sul traffico che ‘compri’ e che riesci a generare dai social, il danno sarebbe sicuramente grave.

Il caso Trump mi offre però la possibilità di riflettere su quanto molte attività online siano dipendenti da servizi di terzi, a cui negli anni abbiamo ceduto dati, informazioni e contenuti senza nemmeno rendercene conto. Gli esempi sono i più diversi, dalla realizzazione del sito web, all’invio delle newsletter, ai social di cui abbiamo parlato, ecc.

Cosa faresti se d’un tratto non potessi più usare i social media e le loro piattaforme di advertising e lead generation?

Facebook & Co. sembra che siano diventati il web, ma non è così. Dopo l’esclusione di Trump dai social, i suoi seguaci si sono subito attivati per creare una propria community altrove, cercando di lanciare un social media per sovranisti (“GAB”).

Yes, Obama can

Nel 2008, la campagna elettorale di Barack Obama diventò un caso studio di successo per aver saputo usare Internet per creare un fortissimo engagement con il suo elettorato. La strategia si basava sulla forza della community costruita online soprattutto grazie al sito web, dato che i social all’epoca non erano ancora così dominanti. Riuscì a bypassare i media tradizionali, cosa che nessuno prima di lui aveva mai potuto, e saputo, fare.

Grazie a Obama il mondo scoprì Drupal, CMS Open Source scelto per il sito ufficiale della Casa Bianca

Lasciando da parte i giudizi politici, parlando di aziende, se la soluzione fosse proprio quella di creare una propria comunità, su una piattaforma proprietaria su cui hai il controllo su tutto? È pensabile solo per i grandi brand?

Una tavolo rotonda come esempio di web community

È una strada coraggiosa e più dispendiosa, ma che permetterebbe di costruire un asset aziendale molto prezioso.

Sarebbe come fare un passo indietro, ai tempi dei forum?

I social sono ormai dei media veri e propri, se vuoi visibilità devi pagare, se vuoi click devi pagare, se vuoi lead devi pagare. L’accesso è gratis, quindi è giusto così.

Ma “essere social” per continuare a pubblicare contenuti senza riuscire a portar fuori del valore non ha senso, è un presidio inutile e sterile, forse servirebbe per la funzione di customer care e, appunto, per le sole compagne a pagamento.

Allora pensa al tuo web marketing mix e considera i social come un’opportunità strategica, ma non come a un pilastro, come a una freccia tra le tante ma non certo come all’arco. E lo stesso vale per tutti i servizi di terze parti.

I pilastri del business online sono altri, sono quelli proprietari: strategia, sito, lista di contatti e SEO, quelli che ti portano risultati (organici) molto più solidi del traffico acquistato. Gli sforzi spesi nel costruire questi pilastri sono un investimento, non soldi bruciati.